Il Poema dell’Io Senza Tempo
PROLOGO
L’ultima esplosione. Frammenti di uomini e cose. La terra si racconta: macerie di una città distrutta. È terminata una guerra nucleare. Quattro sassi ai punti cardinali. Il rosso cupo domina lo sfondo. Uno schermo. Ovunque i segni di un’umanità sbigottita.
CORO: Eterno è l’uomo quando muore il mondo.
Si rinnova la vita,
non muore la speranza,
il cielo si riflette tra macerie.
Dio vive in ogni corpo lacerato,
nel coltello scagliato,
negli occhi abbandonati anche dal pianto.
CORO: Umanità dolente, sei nutrita
dal tuo dolore, in ciò la comprensione.
Quanti mondi avrai visto,
quanti giochi conosci,
i soli si rincorrono lucenti
oltre il ricordo, nella tua coscienza.
Aggrappata alla sponda
di una misera vita
non ti arriva il richiamo
dell’Eterna Sorgente.
Nessun fuoco ti uccide,
la bomba non devasta
e il lamento che sale
chi l’ascolterà mai?
Il lamento che sale si confonde col suono delle esplosioni che echeggiano come in un ricordo. Paura e disperazione negli sguardi dei superstiti.
Cade la notte a preparare il giorno,
nell’aria c’è la fine ed il principio.
Parlarono i profeti a dure orecchie,
ma chi volle ascoltare
seminò il suo messaggio
ed ecco, si compirono i destini,
perché potesse aprirsi un nuovo libro,
ecco, quattro persone
scrissero le ultime parole.
Cadde la notte a preparare il giorno.
CORO: Dal nord venne il vecchio,
dal sud il bimbo arrivò,
dall’est il Santo,
dall’ovest il cattivo.
Uno conosceva tutto e tutti,
uno conosceva solo se stesso,
uno non sapeva di conoscere,
uno non voleva conoscere.
Il bimbo sorrise,
il santo gli rispose,
il cattivo fece vedere i denti,
il vecchio guardò il santo.
Crepuscolo fra le macerie. Dei sassi e un fuoco, fruscio di vento, foglie cadute.
La notte era vicina,
in quel luogo si moriva
per freddo, fiere e fame;
e quindi un fuoco, del cibo, quattro sassi.
Uno di fronte all’altro.
Tre avevano un’arma, uno no:
il bimbo l’innocenza,
il santo la sapienza,
il cattivo il coltello;
il vecchio né questo né quello.
Il coro indietreggia verso il fondo.
PRIMA SCENA
Il fuoco è acceso. Il coro ascolta. I quattro guardano le prime stelle e le fiamme.
BIMBO: Guarda le stelle! Sono simili alle faville di questo fuoco che s’innalzano al cielo. Ma perché le vedo? Sembra un sogno di luce. Ma è realtà?
SANTO: La vita e la morte sono in quelle stelle, come nel fuoco che ci protegge dalle belve, ma può distruggere. Così, nel Disegno Divino, la forza dell’amore fa diventare santo anche un assassino, purché abbia sentore di Dio.
CORO: L’assassino ebbe un ghigno dicendo: Qui è il mio regno.
Questo è il fuoco che mi protegge.
Quanto alle stelle, nessuno le regge!
ASSASSINO: (Guardando il cielo con un ghigno) non ho bisogno di alcuna stella, io; questo è il mio regno. Questo è il fuoco che mi protegge. Le stelle possono reggersi da sole, e quanto a quel Dio di cui tu parli, è solo un sogno per i poveri, per tutti quelli che vivono nel dolore. Così è, così per sempre sarà. L’unica legge è quella del ricco, del potente; io li uccido. Io vi proteggo da loro.
CORO: Quanto a quel Dio di cui tu parli,
sono sogni per poveri, per accontentarli.
(Il vecchio guarda il fuoco, al movimento della sua mano le fiamme si abbassano; indica il cielo e si accendono mille stelle. Si avvicina una fiera, che si accovaccia al suo fianco).
CORO: Rumori di civiltà lontane.
Boati di immani distruzioni.
Pochi sopravvissuti nelle tane.
L’uomo ricerca perfezioni.
Questo il bimbo aveva vissuto.
Questo la mente non aveva capito.
BIMBO: Dagli usuali rumori, agli immani boati, il mondo ha cambiato il suo volto. I pochi sopravvissuti ora cercano l’errore. Non posso capirlo questo, non posso.
CORO: “Non posso!” – Il santo gli rispose guardando lontano
SANTO: Ascolta.
CORO: “Ogni evoluzione non è sforzo vano”.
SANTO: (Ravviva il fuoco) L’umanità fu creata per evolversi. Per riunirsi, in un eterno processo, a Dio. Ecco: è questa la via.
CORO: È la via…
SANTO: … che né legge né caso determina. L’uomo cammina e non sa di essere fermo, immobile. Crede di muoversi nel suo mondo, ma è un’illusione.
ASSASSINO: Illusione? Non vedo illusione se non nelle tue parole. Come puoi provare quello che dici? Puoi provare certamente calore intorno al fuoco; sicurezza per essere in quattro; fame se non c’è da mangiare; stanchezza se si continua a camminare invece di riposarsi. E poi di quale evoluzione parli? Per me? O per le vittime? Quelli che ho ucciso.
CORO: Il vecchio sorrise. E finalmente parlò.
VECCHIO: Dove vanno le stelle? Dove corrono come ad un importante incontro? Dove trascinano miliardi di esseri? E dove finisce tutto questo? O forse non è mai iniziato né finito! Chi ha detto che il tempo passa? Dov’è l’evoluzione, se un bimbo diviene assassino, poi santo e questo divenire è la loro illusione perché il tempo non passa? E se poi il santo diviene vecchio che differenza c’è fra loro quattro? (Il coro esce di scena).
SECONDA SCENA
Vecchio, bimbo, santo, assassino.
BIMBO: Forse la vita è come un gioco di stelle che continuamente si accendono e si spengono… è questo vivere, morire. Non riesco a comprendere. Provo solo spavento di fronte a questa immensità. Mi sovrasta… Non ricordo nulla di quel che ero. Non posso comprendere. Non capisco nemmeno cosa mi accade.
ASSASSINO: Non c’è nulla da ricordare, piccolo. Solo quello che hai vissuto: fame, dolore. Il potente che sfrutta il lavoro, il sangue degli altri. E chi è povero cosa deve fare per non essere sopraffatto? Come può difendersi, avere giustizia, e vivere come i ricchi che hanno tutto? Deve colpire per primo… rubare, uccidere.
(Il vecchio sorride).
BIMBO: Tutti voi avete vissuto, avrete aperto la vostra mente. Avete capito che di più si poteva vedere, che di più si poteva sentire con macchinari, con mille artifici. Di più, sempre di più, si poteva percepire nell’universo… Avete toccato verità eterne… cose che io neanche posso immaginare! Ma sento che qualcosa mi sfugge. Cos’è che vi domando?
ASSASSINO: Cosa c’è da sentire, da vedere? È tutto qui davanti ai tuoi occhi: il dolore di un corpo ferito. Chi è più forte di te che decide per te, della tua vita. Nel dominio dei potenti che compravano armi ed uomini e li spingevano a combattere, non c’era niente da capire.
SANTO: Ma cosa dici?
ASSASSINO: No, non sono un assassino! (Il bimbo è spaventato) Sono un guerriero, un giustiziere. Risparmio i poveri, non li derubo, non colpisco gli innocenti. La mia veste è sporca di sangue, ma la mia mente è tranquilla.
VECCHIO: E l’anima?
ASSASSINO: Non la conosco. Non l’ho sporcata.
SANTO: Ma non capisci? (Rassicura il bimbo è lo accompagna vicino al fuoco). Non capisci… Non vedi che insegni l’odio a questo bambino? Perché non lotti con l’amore senza armi contro chi non comprende l’amore? Così divieni come loro. Ecco che cosa è successo all’umanità: I malvagi si sono scagliati contro il bene, la pecora è stata scannata e divorata.
Ma il lupo ora non ha più da mangiare, non ha ottenuto che distruzione. Non ci sono più pecore ora, non ci sono più lupi, solamente distruzione. Non abbiamo ancora compreso questo insegnamento?
ASSASSINO: Giusto, belle parole. Ma sai che qualcuno già si organizza per nuovi domini, che le bande taglieggiano chi ricomincia a lavorare! Bisogna continuare a lottare, far fuori chi vuole il potere.
La terra è di tutti. Io appartengo alla terra, non ad una nazione, ad un paese staccato e nemico degli altri. Tu non sei capace di vedere tutto il male che c’è nelle frontiere, che dividono gli uomini. (Impugnando il coltello). Uccidiamo chi crea il paese “nostro”, che è buono, e il paese cattivo, degli altri. Dopo quello che ho visto provo solo odio. E che l’agnello diventi lupo!
VECCHIO: Osserva, bimbo: uno percepisce con la mente, ed è giusto nella mente; uno percepisce l’anima, ed è giusto nell’anima. Vedi, discordano nell’agire e nel parlare, eppure è giusto quello che sentono. Le parole li allontanano; se non esprimi a parole ciò che senti, non discordi con nessuno. Se esprimi inizia l’incomprensione!
(Il vecchio abbraccia il bimbo sorridendo e lo esorta ad avvicinarsi all’assassino. Il bimbo, dapprima esitante, avanza verso l’assassino e gli accarezza il viso. Con uno scatto l’assassino si ritrae, ma è commosso. Sotto lo sguardo incoraggiante del vecchio, il bimbo attraversa la scena verso il santo che gli corre incontro. Si abbracciano).
Guardate il cielo, anche lui sorride se chi lo guarda è felice; piange se chi lo guarda è triste. Tutto è uguale per chi è uguale.
(Il vecchio siede e chiude gli occhi, i tre pensano che stia dormendo. Buio. Entra il coro. Ombre in movimento).
CORO: Passano gli uomini, ombre fuggitive
come brevi momenti d’infinito.
Nasce un bambino: è un Buddha o un assassino?
Cerca nel tuo silenzio la risposta.
Ora non sai più nulla,
blocchi di ghiaccio avvincono i pensieri.
Tutto è finito: niente da afferrare,
più niente da capire, che stupida fatica!
È allora è come alzarsi,
accendere la luce,
accorgersi che è giorno.
(Il coro esce di scena. Buio).
TERZA SCENA
Vecchio, bimbo, santo, assassino.
BIMBO: (Si avvicina al vecchio che dorme, lo scruta). Ora dorme e la sua mente non c’è. Anch’io, quando dormo, non sento… Eppure esisto! Dove sono i suoi pensieri?
ASSASSINO: Nella tua mente c’è quello che hai vissuto. Te lo dicono i sogni. Anche a me lo dicono, ma è tutto confuso… Ricordi, sensazioni e spesso la mente crea cose che non esistono. Così a volte sono ladro, a volte assassino, a volte ricco, a volte santo. Ma questo sogno non è realtà. Sono tutte sciocchezze. Io vedo solo quando sono sveglio.
SANTO: Certo è che la mente esiste solo quando c’è il pensiero. Eppure l’essere esiste al di là del pensiero. I pensieri sono movimenti della mente, semplici risultati di reazioni chimiche del cervello. Ma infinitamente oltre tutto questo c’è l’Anima… Stimolo Invisibile. (Rivolto al bimbo) Ascoltala, troverai la giusta via.
BIMBO: Ma tutto questo è sempre pensiero! Come i mille e mille pensieri degli uomini prima del grande dolore. No, non voglio pensare, ho paura di pensare, eppure voi mi dite di capire, di sentire… Io non capisco, non sento. E non riesco nemmeno più a piangere.
VECCHIO: (Apre gli occhi e parla) Oltre il pensare, oltre il sentire, oltre il dire, c’è il silenzio della mente e solo quando il silenzio è nella mente l’essere è. È e basta. Troppe cose “giuste”, cose “sbagliate”, troppe fantasie e memorie. Nemmeno nel sonno, nel buio, questo termina. Come può una goccia sentirsi il mare, perdersi nel mare, se pensa di essere goccia?
SANTO: (Dopo aver riflettuto) Non mi piace il tuo discorso. Così come dici tu si diventa violenti, malvagi. Solo la giustizia divina sanerà il male e livellerà i torti. Dopo la morte. Come puoi dire che il giusto e lo sbagliato non esistono?
VECCHIO: Nulla è al di fuori di Dio. La guerra, la distruzione… Anche questo l’ha permesso Dio! Ma tu, per andar dietro al tuo concetto di giustizia, dovresti rinnegare questo Dio che fa strage di donne, di vecchi e bambini. Che provoca un dolore infinito. O forse pensi che tutto ciò accada fuori dal controllo di Dio?
SANTO: (Turbato) No, no… dobbiamo rassegnarci a non comprendere; il Signore segue delle vie per noi insondabili. Forse… Forse qualcuno potrà capire. Qualcuno che non sia un povero essere smarrito come a volte mi sento io… Come possiamo comprendere, noi uomini comuni, i disegni divini?
VECCHIO: (Sfiora il santo sulla testa) E invece lo possiamo. Abbandonati al Padre! Tu sei Lui. Tutti noi siamo creati “a sua immagine e somiglianza”. Come possiamo non capire Dio, se ne facciamo parte? È e non è un piano divino che provoca l’apparente ingiustizia: e tutto per l’evoluzione complessiva dell’umanità.
SANTO: (Pensoso) A volte sento una voce che mi chiama, che mi attira a sé con una forza incredibile… è un richiamo che arriva dal profondo di me stesso, una nostalgia senza tempo, un desiderio di unione che mi sconvolge e mi lacera dentro… Ma come faccio a descrivere tutto ciò con delle parole? Sai, mi vergogno di dirtelo, ma ho paura. Non riesco a lasciarmi andare, penso che impazzirei, che perderei me stesso; è solo l’idea dell’abbandono a Dio che mi dà la forza.
VECCHIO: Ti perderai, finalmente. E quando ti sarai perso, allora ti ritroverai. (Prende del pane da una sacca) Ecco, mangiate, abbiamo un lungo cammino da fare… dobbiamo mantenerci in forze. Bimbo, mi fissi con quegli occhi spalancati. Dimmi, cosa è nella tua mente?
BIMBO: E’ strano, ma è come se mi sembrasse di riconoscerti… Chi sei veramente, e come puoi conoscere tante cose?
VECCHIO: Mi chiedi chi sono? Sono ciò che sarai e non per i miei capelli bianchi; sei come io sono e non per ciò che non è Eterno. Vuoto per capire, tu, vuoto per non essere più, Io. Sono un vecchio, così vecchio da aver vissuto tante, tante cose… E anch’io ti conosco, sai? Mi ricordo… mi ricordo così bene di te… (lo accarezza). Non perdere mai la tua voglia di sapere, piccolo. Non perderla neanche nei tuoi peggiori momenti, quando ti sembra che la vita sia diventata inutile, quando divieni tu stesso aggressivo; è solo perché non riusciamo a capire…
ASSASSINO: A volte anch’io vorrei capire. Cos’è quest’odio, questa violenza di cui mi servo per sopravvivere? E perché la sera, prima di dormire, mi assale sempre una profonda malinconia, un desiderio di pace, un pianto inespresso e senza fine…
VECCHIO: (Si alza e invita gli altri ad alzarsi) Ascoltate: gli uccelli iniziano a cantare, l’alba è vicina. Dobbiamo riprendere il nostro cammino.
BIMBO: No, parlaci ancora.
VECCHIO: (Guardando l’orizzonte) Che meravigliosa giornata… Si avvicina la fine di tante inutili parole!
(Mentre i personaggi si allontanano si verifica la loro unificazione nella figura del vecchio che esce di scena. Entra il coro.)
CORO: Cosa è più bello del niente della mente?
Un cielo chiaro, limpido, pulito
che mai le nubi possono cambiare.
Oltre il fumo, la nebbia, puoi vederlo,
e dentro te. Pensavi, ti chiedevi,
insonne consumavi le tue notti,
ma la luce era in te.
Se hai qualcosa da dire fa silenzio,
ma se nulla hai da chiedere, domanda.
E la risposta è tra la terra e il cielo;
il mondo dove vivi è il tuo maestro.
Ed ora cerca pure
con l’eco di queste ultime parole…
(Buio).
Quest’è la storia di un Buddha.