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L’anima Centro di Calma Dimorante

Tutti questi scritti sono concatenati in modo tale da far capire a chi legge i diversi valori che si possono dare alle parole.
Le parole prima vanno comprese nella loro ampiezza e diversità, poi vanno superate e “sentite”, poi si va oltre e…
Abbiamo un concetto dell’anima, la concepiamo come se fosse “qualcosa”, ma l’anima non è “qualcosa”. L’Atto del Creare comporta un passaggio dall’Assoluto alla creazione, tale passaggio non è “qualcosa”.
Noi compartecipiamo – come figure “Uguali” – alla Creazione, al Progetto della Creazione e al “Pertugio”. Se non avessimo il “Pertugio all’Assoluto”, non ci sarebbe il passaggio dall’Assoluto al creato.
Creando Lui “Fa” (oltre il concetto di azione, ne parleremo) un Foro infinitesimale “a Se Stesso”; da questo Foro esce l’intero Universo, e contemporaneamente avviene anche la Creazione del Foro. Non è solo Creato, è sicuramente così.

Non c’è una Creazione nel tempo. Lui è atemporale, quindi ci sono Infinite Creazioni contemporaneamente, continuamente. “La Creazione” cos’è? È da tutto ciò che non è fenomenico, non è creato, non ha tempo e non ha dimensioni (perché le dimensioni si formano dopo il Foro), pertanto è Lui Stesso che di Sé È. C’è un travaso istantaneo, spaventoso, attraverso un Foro infinitesimale di energia da un solo Punto dell’Assoluto, per fare un Universo. Quel Foro è Possesso Divino dell’Obiettivo.
Anche per l’Assoluto c’è un Obiettivo: è la Sua Coscienza, quella libera, quella di tutta l’umanità che, nell’universo, sarà molteplice, ma sempre SUA.
Dal momento che concepiamo le cose attraverso la legge causa-effetto, andiamo alla Prima Causa. Ciò che vediamo, siamo, viviamo è un effetto, prodotto dopo (facciamo conto) un milione di altri effetti. Cosa sono un milione di effetti, di cause-effetti? Léggi, dalla prima all’ultima dell’intero universo.
Immaginate un percorso a ritroso: lo spermatozoo, l’ovulo, i genitori… andate indietro; le scimmie e le proto-scimmie… indietro; le amebe… ancora indietro; microbi, terra, roccia lavica, Sole, elementi, galassie, proto-galassie… indietro; protoni, stringhe, temperatura indefinibile con pressione indefinibile… un punto, e il percorso a ritroso è fatto. Questa è la legge causa-effetto, è una concatenazione di cause ed effetti. La Causa Prima è un foro, la Causa Ultima sono gli esseri senzienti. Se andiamo indietro nella causa-effetto, riduciamo tutto in un Unico Punto. Da dove proviene il Punto? Da una concezione senza il Punto. Dunque, è accaduto un evento: il primo, la Causa. Ora, se la Causa è un Punto e il terminale è una coscienza, tutte le coscienze che sono arrivate al Punto lo possiedono: causa-effetto, Coscienza… Causa, Punto.
Il primo concetto che scaturisce da questo percorso a ritroso è che l’effetto è qui, nella creazione, e il Punto è là. Là dove? Dove non è collocabile se non… nell’intero Punto. Si potrebbe pensare: “Ma quel Punto si è espanso, è diventato grande come un Universo”. Si è espanso rispetto a cosa? A Dio? Rispetto a Dio è rimasto “tale e quale è”, un infinitesimo.
Matematicamente possiamo esprimere le dimensioni spaziali, quelle temporali lasciamole stare. Il tempo finisce: il concetto di tempo non esiste più. Perché lo spazio, invece, non termina mai? Perché se Crea infiniti Universi, ci sono infiniti spazi dentro di Lui. Anche se scomparissero trilioni di universi ne rimarrebbero comunque infiniti di spazio e coscienze.

Se la coscienza va a ritroso in un solo Universo trova il Punto. Il Punto è lo Squarcio all’Assoluto, quindi l’Anima può essere, nel percorso, a volte illuminata e a volte oscurata perché siamo nel duale.
Se tiri 100 tonnellate di fango su una porta chiusa, non la distingui più e vedi solo il fango. Se invece la pulisci, ti accorgi che è uno specchio. Uno specchio con due “parti” (simbolicamente, per fare un esempio). Da questa parte dell’anima lo specchio riflette solo le nostre dimensioni, solo quello che riusciamo a percepire; dall’Altra Parte ha Spessore Infinito. È il Suo VEDERE.
Se mettessimo uno specchio su una montagna, in alto, oltre lo spazio visibile, lo specchio rifletterebbe, ma i nostri occhi fino a dove riuscirebbero a guardare? Vediamo solo quanto i nostri occhi ci permettono. Nell’anima, dall’Altra Parte, è lo Specchio all’Infinito, cioè oltre la visione “Adamantina” teorizzata nel passato. L’anima, però, si vive sempre da questa parte; infatti, quando la viviamo dall’Altra, la nostra identità viene completamente persa, perché siamo dopo il Punto della causa-effetto.

Ricapitolando, abbiamo la Prima Causa, prima del Big Bang (ossia il Punto), e l’ultimo effetto (ossia l’essere); se andiamo oltre il Punto, andiamo oltre la causa-effetto. I termini “luce” e “tenebre”, che possiamo usare solo nell’ambito della causa-effetto, hanno valore dal Punto in qua, dal Punto in Là… non c’è causa. La Causa non è dettata da un momento, da un tempo, da un bisogno, da una necessità o da una volontà, è dettata solo dall’Unica Realtà dell’Assoluto che non Fa Se Stesso per prendere in giro la Sua creatura, Fa Se Stesso per Esserci ed È così.
La Talità… ci deve essere qualche cosa che è “così com’è”. Ad esempio, una bottiglia di plastica (PET) cos’è? Causa-effetto-causa-effetto-causa-effetto: petrolio; causa-effetto-causa-effetto-causa-effetto: microorganismi “macerati”, vissuti in milioni di anni… Se andiamo sempre più indietro nella causa-effetto, questa bottiglia era con tutti noi dentro quel Punto. Il concetto è che la realtà espressa nella legge causa-effetto è una realtà schematica raccontata, che non corrisponde alla Talità. La Talità è quello che È, la Talità “È così”.

La Vera Realizzazione è la coscienza del Punto (diciamo noi di qua) ma la Vera Realizzazione, quando sei sul Punto, qual è? La Causa che ha generato la Causa. C’è solo Lui, la Causa che genera la Causa: l’Assoluto. È l’Unico che dà inizio alla causa: ma Lui non è né una causa, né un effetto.
Noi vediamo Causa e Causa direttamente in ciò che accade, perché Lui è oltre l’intendimento stesso del concetto della causa. Infatti, dal momento che Lui è Infinite Cause di Sé, il termine “causa” assume un senso diverso per una mente infinitesimale. Se c’è una causa c’è un’identità in un fenomenico; se c’è una causa c’è una limitazione concepibile di essa; se c’è una causa c’è qualcuno che la concepisce. Se c’è un motivo, quest’ultimo ha un significato logico-verbale di coscienza. Non possiamo racchiudere con una mente infinitesimale il concetto di infinite cause contemporaneamente, senza tempo ed eterne. Gli spazi infinitesimali (quanto un universo), dentro i quali una coscienza infinitesimale (anche se fosse una coscienza universale), nella sua ovvia limitazione cerca di afferrare, restano infinitesimali.
Ci sono una serie di domande a cui nemmeno i Realizzati hanno risposto. Nessuna teoria filosofica o scientifica reale riguardo alla Natura della Creazione è stata mai formulata, perché nessuno si è mai permesso di andare a capire quale fosse la Causa della Realtà del mondo fenomenico. La Causa è la stessa Natura delle Cose perché negli esseri, per giungere a noi, c’è una concatenazione precisa.
Non puoi dire di non essere stato un vulcano quando sulla terra c’erano solo vulcani. Non te lo ricordi, ma le tue particelle hanno avuto origine in quel fuoco lavico, nella separazione dell’acqua dalla roccia, nel processo degli elementi fino alle molecole… questa è la “concatenazione”. Non puoi dire di non essere stato la nebulosa dalla cui esplosione è nato il Sole, o la supernova che l’ha prodotta. In quella “marmellata cosmica” erano contenuti gli elementi che in seguito sono andati a costituire il Sole. Ogni elemento nell’universo viene “costruito” dentro “fornaci cosmiche” dove si organizza ciò che serve, si uniscono i vari componenti: gli elementi.
Possiamo ipotizzare di essere un pezzettino di ciò che rimane di uno scontro tra due galassie, perché per creare il sistema solare erano necessari, nella fornace cosmica, gli elementi generati da tale collisione, che avrebbero poi portato alla Coscienza.
Siamo all’interno di una concezione “fuoco-tenebre”. Unisci, scaldi, raffreddi… e questo è il risultato: la coscienza. La causa: un Punto.
Si dice che questo punto si sia ingrandito. Ma rispetto all’infinito così era e così è rimasto. Un punto resta un punto nell’Assoluto. Meraviglia! Nel punto si discute di se stessi, anzi, di Lui. Ogni cellula del Suo Infinito Corpo cerca Se Stessa. Dov’è l’anima? Nell’universo intero. Quel punto puoi gonfiarlo quanto vuoi, rimane uguale.
Quale luce e quale buio ci sono nel contesto causaeffetto? Nel contenuto di un punto sfumano le nozioni di luce e tenebre, si perdono, e la Calma Dimorante diviene la tua Natura, l’ANIMA?

La Calma Dimorante è la visione, la percezione, la considerazione graduale di una natura che, partita da un punto, ritorna un punto. Poi, quell’Oltre, quando lo si realizza, lo si realizza (“quando” non nel tempo, ma nella coscienza). È uguale. Quella è la Natura delle Cose… è difficile chiamarla “luce”, perché la luce è allo Squarcio, e non si può chiamarla “tenebre”, “buio”, perché nell’universo i nomi vengono dati in contrapposizione a qualcosa, come “bene” e “male”. È difficile dire “disarmonia”… quale disarmonia? Dove è la disarmonia negli infiniti Universi, nella loro diversità, nel passeggiare in essi? La disarmonia è negli esseri quando si alterano perché le cose non sono come loro vogliono. A cosa serve alterarsi? È meglio vivere la propria esistenza in attesa, paziente, che la Calma Dimorante ci pervada. Perché fare uno sforzo? Che imbroglio è? Ci dobbiamo forse sforzare di essere noi stessi? Facciamo meditazione così magari poi contempliamo! Non serve sforzarsi per essere sé stessi. Già dire “sé stesso” è un errore, “concentrarsi” un errore, “meditare” un errore, “contemplare” un errore gravissimo. La natura delle cose è già, perché affaticarsi con queste parole? Devo mangiare, devo bere, devo pulire la ciotola di riso, devo capire “il suono di una sola mano”. Che fatica! Ma quale suono di una sola mano! La mano è già lì, tutto vibra, tutto c’è, tutto già suona. Senti tanti suoni separati? Accorgiti che ce n’è uno solo: il Verbo Divino. Quando ti accorgi di ciò, è finita la separazione.
Frammentato in innumerevoli armoniche l’essere se ne va, sparpagliandosi per innumerevoli Universi, in attesa degli infiniti che verranno. Aiuto, che paura! Che paura ho delle cose del mondo! Chi sa cosa mi succederà domani, o dopo domani (ironico).
Riparleremo della Calma Dimorante fra un milione di anni, adesso non è il momento. Rischierei di essere frainteso, perché a volte mi viene da essere più dissacrante dei maestri del passato. E mi vien voglia di dire che le parole sono proprio inutili! A chi parlo? A un muro che non mi ascolta; parlare a una ciotola rivoltata è come parlare a un muro! Vorrei parlare all’Essenza!… ma come Essenza,” è senza”. Come puoi parlare a chi non c’è? La ciotola più bella è quella che, avendo perso il fondo, è collegata con l’Assoluto; intorno al fondo della ciotola è rimasto solo il cerchietto, e finalmente ci parliamo.
Se la ciotola non ha il fondo, con chi parliamo? Al posto del fondo c’è l’anima, ma è noioso parlare con l’anima! Il suo silenzio è Amore, le parole romperebbero la quiete e rimarrebbe la noia delle Parole.

Le ciotole rivoltate sembra che ti guardino, annuiscono e sorridono, ma sono ottenebrate. Sono come cavernicoli che capiscono solo il linguaggio dei gesti di fronte a qualcuno che sa già parlare. Il cavernicolo è un essere, parliamo alle sue cellule, qualcuna capirà.
Io sarei sempre spontaneamente ironico, ma la mia ironia, a volte, trascende in una serie di frasi sconsiderate. Spesso, però, si dicono frasi “sconsiderate” e una persona si sveglia. Ha compreso “fischi per fiaschi”, ma per svegliarsi gli serviva il “fischio” e non il “fiasco”. È uguale!
Io non seguo la Via e neanche il Tao, non mi interessa; sapete perché? Perché credo che tutti gli esseri che si incontrano, traggano vantaggio dall’incontro di per sé, per quanto siano ciotole rivoltate, spaccate o avvelenate. Per un sant’uomo il vantaggio è il bene, ma per un demone è il male; perché non sostenerlo? L’ironia rende capaci di vedere la libertà dell’Assoluto ovunque, in tutti gli aspetti. È uguale. Sempre vantaggio è!
Quando parliamo, parliamo alle cellule di una persona o al suo cervello? Magari non ce l’ha limpido e funzionante, magari è ottenebrato. Procediamo per gradi: parliamo a chi vive di sensazioni? Cerchiamo di stimolare qualche zona del suo cervello in modo da smuovere un po’ di ormoni, in un verso o in un altro. Iniziamo dalle parole utili.

Come si interagisce con gli altri? Con i suoni, con il contatto fisico, con gli ormoni… poi con le parole. Si parla con le menti deviate, modificate, alterate da sé stesse per la propria sopravvivenza.
Bisogna trovare il giusto modo di comunicare: per tutti quando si è in tanti, per chi si ha di fronte quando si è faccia a faccia con uno solo. Sarebbe da stolti parlare a tanti quando abbiamo davanti solo una persona, e parlare a uno come parleresti a tanti. Cambia il linguaggio, cambiano i termini. Ti devi adattare a chi hai di fronte: se ha una lancia in mano devi avere un certo comportamento; se ha uno scudo un altro; se non ha né lancia né scudo un altro ancora.
Gli esseri sono così: chi con lo scudo, chi con la lancia, chi senza niente. Chi usa la mente come scudo, chi la usa per colpire e chi se ne sta disarmato, sereno e tranquillo, senza dare fastidio a nessuno. Tolti lo scudo e la lancia, qualcuno cerca di capire, ma comprende con la mente, devia con i suoi io, le sue rabbie, i suoi rancori, i suoi odi, le sue inimicizie, in base a cosa gli è successo nella vita. Non importa. Se puoi dargli una mano, fallo! Con le parole, se ci riesci; se non ci riesci con i silenzi.
Capisci anche con il silenzio? Fatti furbo! Si vede che c’è una parte più profonda che deve ascoltare. Che cosa è? È l’Intelletto. Zitto, non parlare, intuisci. Se comunico con l’Intelletto… come si può spiegare a parole… tutte scemenze. Però la somma delle parole stimola chi ascolta. Lo stimola in se stesso, dentro di sé, nell’Intelletto.
Io scrivo, tu leggi, perciò sei tu che vai dentro di te. Poi c’è il gioco di chi arriva all’intelletto, a intuire, e di chi non ci arriva. Che posso farci? Intuisci? Buon per te! Non intuisci? Non posso fare violenza a parole per obbligare qualcuno a capire… con cosa? Con la mente, con la deviazione? Non capire! Lascia stare, non importa… divertiti nella vita.
Intuite se possibile. Quando scrivo, lancio dei messaggi attraverso parole messe in un certo modo, a cui so che verrà dato o meno un certo valore. Chi legge poi riorganizzerà la sua intuizione, ma lo farà lui. Ci riesce? Vuol dire che ci doveva riuscire. Non ci riesce? Non ci doveva riuscire. Non si può stimolare l’altro a un’intuizione che non gli spetta.

Quando c’è tanto di meglio c’è tanto di peggio, dalle tenebre alla luce, chi vuoi incontrare? Le tenebre? Non c’è nessun problema, prima o poi “le” e “mi” incontri. La luce? Non c’è nessun problema, prima o poi la incontriamo. Perché ho scritto “incontri” e “incontriamo”? Credete che sbagli nell’usare le parole? Nelle tenebre prima o poi tu “incontri”, perché sei un “io” e io rimango quello che sono: niente! Nella luce prima o poi ci “incontriamo” perché siamo la stessa cosa. Se sei nelle tenebre “mi” incontri; hai voluto un “io”? Lo trovi! Certo, se trovi il nulla… quante più tenebre del nulla? Secondo la concezione duale però, non secondo “l’Altra”, più vasta.
Ci sono esseri che viaggiano sereni e tranquilli nelle tenebre più cupe e nella luce più sfavillante. È uguale! Perché l’essere, tutto, finisce in un punto. E allora parliamo al punto. Ma il punto è ostruito! Da cosa? Da tutta la costruzione che c’è dal punto in poi: l’intelletto, le capacità intellettuali, l’io, la mente, le sensazioni ecc. “Sturate” la ciotola e parliamo serenamente.

Preghiera innalzata da una figura Uguale,
parte tonda e arriva lineare,
il niente parla al Tutto,
il Tutto parla a Sé Stesso,
così la preghiera vive, più del tempo che muore,
più dello Spazio che mai Termina,
e un essere finisce con la Sua Unità Totale, Vibrando a Sé.

“Preghiera” è la sintesi di quarant’anni di insegnamento. La sintesi dal punto che sono, con pochi vocaboli.
Se vogliamo comunicare fra ciotole forate, facciamolo. Ma se siete ciotole rivoltate, fratturate, avvelenate, lasciamo stare. Siete ciotole oscillanti? Oscillate! Tanto prima o poi, con il peso del vostro sapere, la ciotola si riempirà e si fermerà. Poi traboccherà e si stancherà delle parole. Allora: svuota la ciotola, svuota la tazza, non chiedere altro tè!
“Nan-in, un maestro giapponese dell’era Meiji (1868-1912), ricevette la visita di un professore universitario che era andato da lui per interrogarlo sullo Zen. Nan-in servì il tè. Colmò la tazza del suo ospite, e poi continuò a versare.
Il professore guardò traboccare il tè, poi non riuscì più a contenersi. ‘È ricolma. Non ce n’entra più!’.
‘Come questa tazza,’ disse Nan-in ‘tu sei ricolmo delle tue opinioni e congetture. Come posso spiegarti lo Zen, se prima non vuoti la tua tazza?’” (1).

Potete collegare tutto. È tutto unito: ogni parola, ogni attimo, ogni esistenza, ogni essere. Ognuno è libero e va rispettato quando comunica con le parole, con i suoni. Ci sono anche suoni, parole messe in fila per togliere la libertà. Le dittature le usano. Ma dobbiamo analizzare un problema del mondo alla volta. Ce la faremo? Ottimo… doveva andare così, non avremo fatto niente!
Avete delle identità, degli io… e una bella tazza stabilizzata perché è piena. Piena di cosa? Di identità che fanno cose “belle” e “buone” (l’ho fatto “io”, “io” ho partecipato…). Se fai ciò che dentro senti essere giusto, agisci in ogni caso correttamente, anche se poi le cose vanno male.
Il giusto non è ciò che ha valore per gli uomini. Bisogna avere lo stesso atteggiamento interiore sia di fronte a una vittoria che a una sconfitta, così si capisce se possediamo o meno la Calma Dimorante, che è l’anima Universale.
Conquistate questa quiete interiore, la quiete nel punto. È la quiete nell’Anima? Nel punto! Il punto è l’Universo. Non è cambiato nulla, rispetto all’infinito è sempre quello.
Raggiungete quella calma, la calma del punto. Non conta guadagnare pochi soldi oppure una montagna, conta ciò che siamo e ognuno di noi è quello che trova dentro. Siete diventati “la Calma Dimorante”? Sì? Perfetto! Vale più di qualsiasi vittoria, imparatelo se volete comprendere e realizzarvi nella quiete interiore.

Parlare con chi inizia il cammino interiore è usare una tecnica, parlare con gli esseri è usare una strategia, parlare con coloro che perseguono la ricerca interiore è un obbligo, parlare con i Realizzati è disturbarli (ma qualcuno deve pur farlo, altrimenti starebbero sempre in quiete e non va bene).
Quando si indicano i metodi opportuni per procedere nella identificazione del punto di quiete interiore, l’insegnamento mira a un dialogo che può svilupparsi solo a un certo punto del percorso, e cioè quando la tazza ha perso il fondo. Allora va cambiato il modo di parlare, ma l’obiettivo è sempre lo stesso: la calma dimorante. Altrimenti non resterebbe che arrovellarsi a parole, a corpi, a menti, a deviazioni, a errori, a preparazioni che variano da ricercatore a ricercatore.
Immaginiamo di tenere una lezione ad allievi di diversi corsi di laurea, non ancora prepararti. Normalmente sono quelli del secondo anno, perché ancora non hanno ben chiaro ciò che faranno, ma hanno studiato quanto basta per capire che stanno procedendo in un verso. Immaginiamo di metterli tutti insieme, anche se hanno percorsi diversi ed esami diversi, ad ascoltare la stessa lezione. Dovremmo fare un discorso che contenga numerosi punti di vista differenti. E allora divertiamoci col metodo opportuno!
Mi piacerebbe trovarmi di fronte a un muro, spiegarmi e mettermici finalmente d’accordo. Se il muro non fosse d’accordo, non mi piacerebbe. E tutto questo senza giochi di parole!
A volte anche i muri parlano, però bisogna saperli ascoltare. È divertente parlare con i muri, come i matti, e a volte serve mostrare che i muri parlano. Le particelle parlano, se non si è capaci di ascoltarle è a causa della separazione da Dio e dell’assenza della Calma Dimorante che impedisce di avere una lingua biforcuta, bitagliente, folle e forse peggio.
Realizzatevi e seguite la via nella luce perché quella nelle tenebre è fastidiosa, perigliosa e crea problemi. Seguite sempre la via del bene, della coscienza, dello studio, della scienza, del Tao, della Via… sempre. Così non avrete problemi. L’altro lato (del male), l’altro verso non vi disturberà e viaggerete sereni.
Non ci sono trappole nella Via che conduce all’Assoluto, le trappole sono sempre nell’altra via, quella verso le “tenebre”. L’Assoluto non prende in giro la Sua creazione, chi sta cercando interiormente, non sta cercando guai.
Cercate, nel buio e nella luce, nel comportamento d’amore verso tutti, nel sostegno a tutti. Così è perfetto. Se si vuole trovare Lui, meglio cercarLo nella via giusta, perché quella errata è deleteria ed è meglio non combattere con le tenebre. Forse potrà capitarvi di farlo qualche volta, in un futuro che speriamo sia molto lontano.

Spero abbiate compreso, ma certamente i muri avranno compreso in un modo, le ciotole rivoltate in un altro, gli esseri senzienti in un altro, i ricercatori in un altro ancora, coloro che hanno avuto già qualche sprazzo di illuminazione avranno aggiunto, in modo diverso, ancora qualcosa. È tutto diverso, ed è proprio questa meraviglia della diversità che va rispettata, speriamo…

NOTE:

(1) ^ N. Senzaki e P. Reps, 101 storie zen. Adelphi, 1973.