Ricerca

Sulle 4 forze fondamentali

La struttura dell’universo, e ogni fenomeno che vi accade, è basata su 4 forze fondamentali.
Prima di procedere ulteriormente è bene precisare che, al posto di “forza”(1), sarebbe più corretto utilizzare il termine “interazione” in quanto, in ogni fenomeno, sono sempre presenti almeno due “soggetti”: uno che esercita la “forza” e un altro che la subisce, senza il quale non si potrebbe “prendere coscienza” della forza stessa.

In apparenza alcuni tipi d’interazione richiedono un contatto tra i corpi (ad esempio, quando chiudiamo una porta con la mano). Altre, invece, sembrano agire senza un contatto diretto (come in quella repulsiva tra due magneti).
A livello microscopico si tratta sempre di interazioni a distanza. Riprendendo l’esempio della porta, si può osservare che non c’è alcun contatto diretto tra gli atomi che la compongono e quelli della mano, anche se la distanza è talmente piccola che, senza alcuno strumento, i sensi non possono percepirla. In tutti e due i casi, perciò, l’interazione avviene tra le particelle dei corpi stessi.
In generale si può dire che l’interazione fra due particelle viene trasmessa (o meglio “mediata”) tramite lo scambio di una terza particella, detta “virtuale” in quanto non può essere rilevata.

Col tempo i fisici hanno riconosciuto che interazioni apparentemente diverse sono in realtà aspetti differenti dello stesso fenomeno fisico, fino ad individuarne 4 fondamentali:

1) Interazione gravitazionale

Newton (1643-1727) riconobbe che l’interazione responsabile della caduta degli oggetti a terra è la stessa responsabile del moto dei corpi celesti. La legge di gravitazione universale, da lui formulata, enuncia che: “Due corpi, rispettivamente di massa m1 ed m2, si attraggono con una forza di intensità direttamente proporzionale al prodotto delle masse e inversamente proporzionale al quadrato della distanza che li separa. Tale forza ha la direzione parallela alla retta congiungente i baricentri dei corpi considerati”(2).
A Newton si devono, inoltre, i principi fondamentali della meccanica classica.

2) Interazione elettromagnetica

Nel 1820 il danese Øersted ipotizzò che elettricità e magnetismo fossero intercambiabili e dimostrò come un filo percorso da corrente elettrica agisca da magnete, influenzando il funzionamento delle bussole. Nel 1831, l’inglese Faraday verificò l’opposto, cioè che dal movimento di un magnete si ricava elettricità. Successivamente, nel 1873, Maxwell ne trovò la conferma matematica tramite un sistema di equazioni che descrivono, contemporaneamente, il comportamento dell’elettricità e del magnetismo.
La carica elettrica determina, quindi, quanto un corpo sia sensibile all’interazione magnetica, cioè quanto sia attirato o respinto da altri corpi carichi elettricamente (giocando lo stesso ruolo della massa nell’interazione gravitazionale).

3) Interazione forte

Nei primi decenni del XX secolo un nuovo modello di atomo, ispirato da Rutherford e Bohr, fu definitivamente accettato. Questo modello – composto da un nucleo (formato da protoni e neutroni) attorno al quale si muovono gli elettroni – non riusciva, però, a spiegare “cosa” mantenesse insieme il nucleo: i protoni (carichi positivamente) si sarebbero dovuti infatti respingere tra loro. Nel 1935 il fisico Hideki Yukawa (1907-1981) ipotizzò l’esistenza di un’interazione nucleare molto intensa che, per questo, fu battezzata “forza forte”. Tale interazione è a cortissimo raggio, cioè attrae “nucleoni” (le particelle subatomiche componenti il nucleo) vicini. Essa lega i quark all’interno dei protoni e dei neutroni. Inoltre, riesce a tenere insieme protoni (che hanno la stessa carica) e neutroni nei nuclei atomici.

4) Interazione debole

L'”interazione forte”, però, non era sufficiente a spiegare tutti i modi in cui, a volte, i nuclei si scindono. È il caso, ad esempio, del decadimento radioattivo (in particolare il “decadimento beta”). Doveva quindi esserci un’altra forza che, all’occasione, riusciva a trasformare un protone in un neutrone e viceversa. Senza questa interazione, le reazioni nucleari non sarebbero state possibili, nemmeno quelle che alimentano il Sole. Il primo a descriverla matematicamente fu l’italiano Enrico Fermi nel 1934, da cui prese il nome. In seguito, per contrasto con la “forte”, fu chiamata “interazione debole”.

Confrontando queste interazioni si può osservare che la “forte” è circa cento volte più tenace della elettromagnetica e, addirittura, centomila volte più forte di quella “debole”. Al contrario, a livello di particelle singole, la gravità è un’interazione praticamente impercettibile: è più debole della elettromagnetica di un miliardo di miliardi di miliardi di miliardi di volte (1 seguito da 36 zeri). L’unica ragione per cui l’interazione elettromagnetica non sopraffà completamente la gravità è che la maggior parte degli oggetti contiene un uguale numero di cariche elettriche positive e negative, le cui azioni attrattive e repulsive si annullano a vicenda. La gravità è, invece, sempre attrattiva, per cui l’interazione gravitazionale aumenta inesorabilmente all’aumentare della quantità di materia.

Negli ultimi decenni i fisici hanno scoperto che, come la massa determina la sensibilità di una particella alla gravità e la carica elettrica determina la sensibilità all’elettromagnetismo, una particella può essere dotata di una “carica debole” (detta anche “sapore”) e di una “carica forte” (o “colore”) che determinano la sensibilità, rispettivamente, all’interazione debole e a quella forte.

Il primo tentativo di unificazione delle 4 “forze” risale all’inizio del XX secolo ad opera di Einstein. Tra i molti apporti scientifici all’argomento si può ricordare quello di Steven Weinberg che, nel 1967, propose per primo un modello di unificazione tra l’elettromagnetismo e l’interazione nucleare debole che chiamò “interazione elettrodebole”(3). I diversi contributi sono stati raccolti e formalizzati nel Modello Standard (MS) che, tra l’altro, descrive 3 delle 4 interazioni fondamentali (tranne la gravità) tramite bosoni mediatori (i bosoni di gauge)(4).

Molti fisici delle particelle ritengono che sia possibile un’unificazione delle forze ancora più profonda. L’interazione elettrodebole e quella forte, infatti, sono caratterizzate da due costanti di accoppiamento distinte nel Modello standard, ma la loro estrapolazione ad alte energie sembra indicare una possibile unificazione.

Il modello standard, nonostante gli sforzi per renderlo una teoria completa, presenta diverse problematiche. Ad esempio, non può comprendere la gravità, la cui trattazione nella “relatività generale” non è, ad oggi, compatibile con la meccanica quantistica.

NOTE:

(1) ^ Per “forza” la fisica classica intende la causa delle variazioni di moto o forma di un corpo, mentre nella fisica delle particelle è intesa come base di ogni cambiamento.
(2) ^ In: Isaac Newton,“Philosophiae Naturalis Principia Mathematica”, opera in tre volumi pubblicata il 5 luglio 1687. Ed. it: I principi matematici della filosofia naturale, BUR, Rizzoli, Milano, 2006.
(3) ^ Nel 1979, Glashow, Salam e Weinberg sono stati insigniti del Premio Nobel per la Fisica per il loro studio sull’unificazione delle forze deboli ed elettromagnetiche tra le particelle elementari.
(4) ^ Per l’elettromagnetica le particelle mediatrici sono i fotoni; per la “forte” sono i gluoni; per la “debole” sono i bosoni W e X. Per la gravità è stata ipotizzata, senza alcuna evidenza sperimentale, la mediazione del gravitone.