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Sulla Lingua Aymara (Parte 1)

Roberta Brandi

L’Aymara, il Kawki e lo Jaqaru formano la famiglia linguistica Jaqi, parlata nelle Ande.
L’Aymara è la lingua nativa della popolazione di un’estesa regione dell’Altopiano Andino che comprende parte della Bolivia, il sud del Perù e il nord del Cile. È parlata da circa tre milioni e mezzo di persone.

L’alfabeto dell’Aymara consta di 26 consonanti (semplici, aspirate e gutturali) e di tre vocali (a, i, u). La maggior parte delle relazioni grammaticali (soprattutto per la morfologia) è definita da due elementi primari: radici e suffissi(1). La sintassi della frase è costruita in base alla sequenza S-O-V (Soggetto-Oggetto-Verbo)(2).

Le tre lingue della famiglia Jaqi hanno una struttura simile che si basa su postulati molto diversi da quelli della famiglia indoeuropea. Ad esempio nelle lingue indoeuropee (come l’inglese e il castigliano) è fondamentale esprimere il genere (maschile, femminile, neutro) e il numero dei nomi (singolare, plurale e, in alcune lingue, duale).

L’Aymara (come le altre due lingue) si basa su alcuni postulati (o regole) fondamentali. In questa sezione ne vengono approfonditi due, esattamente:

  • primo postulato – Fonte dei dati
    È molto difficile trovare un’espressione in cui non venga sottolineata l’origine dell’informazione. La provenienza dei dati viene indicata tramite tre categorie principali:
    1. Dati personali – ciò di cui si parla è stato osservato e sperimentato direttamente da chi parla.
    Esempio: Lei è andata via (Io l’ho vista andare via)
    2. Conoscenza attraverso il linguaggio – ciò di cui si parla è stato appreso dalla voce di qualcuno o è stato letto.
    Esempio: Lei è andata via (Loro Dicono che lei è andata via)
    3. Conoscenza non personale – si usa questa forma quando si parla di una storia, o di qualcosa di cui non ci sono testimoni diretti, conosciuta attraverso la mitologia o tramite una comunicazione inaspettata (con il valore di sorpresa).
    Esempio: Lei è andata via (Però non l’ho vista andare via)
  • secondo postulato – Preminenza della seconda persona (tu/voi)
    Ci sono in tutto quattro persone grammaticali di base tra cui la seconda persona ha più importanza delle altre. Tali pronomi, che sono indifferenti al numero, sono i seguenti:
    1. io/noi, però senza te
    2. tu/voi
    3. egli /ella/essi/esse
    4. tu con noi/noi con te

Dagli studi effettuati si evidenzia che la seconda persona va inclusa costantemente in ciò che si esprime. Questa predominanza si spiega a livello logico poiché non è possibile che il parlante conosca esattamente e direttamente lo stato psico-fisico di un altro. Ad esempio l’affermazione “Hai sete” risulterebbe contraddittoria, in quanto indica una conoscenza personale mentre “sto parlando di te” (seconda persona). Si sta così affermando l’esperienza diretta della sete altrui, che per i postulati di queste lingue è impossibile. Quindi per la seconda persona si deve usare la forma interrogativa “hai sete?”

Riunendo i due postulati, ne consegue:
Per la prima persona si usa la conoscenza personale (Ho fame), per la seconda persona si usa il suffisso indicante l’interrogativo (Hai fame?), per la terza persona si usa la conoscenza attraverso il linguaggio (Dicono che ha fame), per la quarta persona si usa la conoscenza personale, seguita necessariamente da una domanda per confermare (Abbiamo fame, non è così?). Si evidenzia così che nel sistema Jaqi non si può assolutamente avere una conoscenza personale degli stati interiori di un altro ma essa è appresa solo attraverso il linguaggio o attraverso fonti più dirette (testimonianza). Ciò rappresenta l’autonomia e il rispetto verso un altro essere, che si esprime con l’uso delle forme di cortesia nel riferirsi ad ogni persona che abbia un comportamento umano. Esiste, quindi, l’accettazione della personalità dell’altro senza alcun tentativo di cambiarla. Questo non esclude le mutue critiche che, però, non si riferiscono a congetture, ma a fatti realmente accaduti.

La forte responsabilità personale insieme all’impossibilità di avere una conoscenza diretta degli stati interiori sembra portare a un basso interesse popolare verso la psicologia, nonché verso il raggiungimento di un bilancio esatto tra atti considerati come “male” e i relativi castighi (atteggiamento molto lontano da concezioni manichee).

La conversazione, in queste lingue, sembra essere orientata verso il rispetto per ogni persona, senza gerarchie, al fine di raggiungere l’armonia indispensabile a un lavoro costruttivo nell’ambito della comunità. L’autonomia, infatti, si accorda bene con un’etica molto forte, data dal valore primario del lavoro (della terra) e della produzione.

NOTE:

(1) ^ Queste lingue sono dette agglutinanti in quanto le parole sono formate da radici a cui vengono aggiunti degli affissi e/o suffissi che non si fondono tra loro. Ad esempio nel finlandese: kirja (libro) – kirjani (il mio libro) – kirjassa (nel libro).
(2) ^ Un esempio di costruzione è ARUSKIPASIPXAÑANAKASAKIPUNIRAKISPAWA, la parola aymara considerata più lunga, che significa: “sappiamo di dover fare lo sforzo di comunicare tra noi, incluso te, perché abbiamo l’idioma”.