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Il Vecchio della Montagna

Cammino alla sorgente

(Voce esterna)

Nella valle, un essere nella sua primavera
vedeva scorrere l’acqua dalla montagna.
Il torrente saliva sino al cielo
divenendo sempre più puro;
la verità era dunque lassù,
al di là delle nubi, sulla vetta.
La voce del vecchio con le radici nella terra
arrivava alla valle ormai sporca
di rifiuti umani, di falsità umane,
e si riversava nel mare del caos.
Vai piccolo essere, la sorgente ti chiama,
non calpesterai sentieri sconosciuti all’uomo,
chi ti ha preceduto ti rende la Via facile
non fuggire alla vista del vecchio.
Lo senti? Ti parla con parole d’amore,
e com’è pura l’acqua alla sorgente.

Incontro

(Vecchio)

Ho tanto atteso e so che è giunta l’ora
ma prima di far diventare questa sorgente un ricordo
voglio parlarti di cose che ho affidato a questo letto
e che il cammino a valle ha sempre corrotto,
che tu sia l’acqua limpida nel mare del caos,
perché la verità arrivi per tua bocca.

Nel disegno Supremo

(Vecchio)

Nel Disegno Supremo tu sei amore e allora ama.
Perché limitarti nell’amare, quando la tua essenza
può amare all’infinito senza sentire fatica?
Nel disegno supremo soffri ma non urlare al cielo,
non sai cosa hai commesso, ma sai cosa faresti
a chi uccide tua madre, a chi ruba il tuo pane.
Ricorda che la polvere che ricopre la terra siamo noi
e che sempre siamo nell’impasto dell’umanità;
e se l’uomo ancora vive, ancora la speranza vive;
la sua salvezza è morire, la sua punizione è vivere,
se il prigioniero sa il perché della sua pena si rassegna,
l’uomo risorge al dolore soffrendo, nell’incomprensione evolve.
Non voler arrivare a vedere il Supremo
la sua vista ti spaventerebbe, ti obbligherebbe,
la tua libertà è il non vederlo, non capirlo,
la tua libertà di credere arriva sino alle stelle,
la tua possibilità è di trovarlo dentro te stesso.
Troverai in te l’infinito che cerchi fuori.

Non voglio essere un ragno

(Giovane)

Un ragno tesse la tela
quello è il suo universo,
la sua preda non ha vita
esiste solo quando la cattura,
il cielo non lo conosce
la tela è il suo mondo,
il vento non lo conosce
sa che il suo mondo è scosso.
E dopo un albero e dopo un cane
e poi un uomo e ancora e ancora… Un uomo!
Sono un uomo non un ragno,
non voglio fermarmi alla mia tela
la mia tela ha per centro il mondo
e le stelle sono i fili che lo legano a…
e dopo un fiore e dopo un ramo
e dopo un albero e dopo un cane e poi un Dio.
Ma questo Supremo ha scordato l’uomo?
Perché lascia l’uomo essere ragno?
Perché la vita crea delle prede?
Perché il Supremo crea il predatore?
Forse le sue parole dentro di noi
rispondono alle domande,
che gli uomini a valle
non ricordano di aver in loro.

L’uomo è una freccia

(Vecchio)

Chi ci crea è l’arciere
che ben saldo ha l’arco,
noi siamo la sua freccia.
Lui sa dove ha mirato
tu non puoi saperlo,
ma la tua corsa è libertà,
se nella corsa alla vita
un’altra freccia si accosta,
non puoi tu spezzarla
solo per arrivare primo
a un traguardo che non conosci
e che pensi sia la morte.
Meglio essere il verme
sul corpo di un uomo morto,
che il colpevole del suo male.

Da uomo a parola

(Vecchio)

Tu ora credi di vedere un vecchio
come tanti ce ne sono nella valle,
ma io ora sono solo parola.
Negli anni ormai dimenticati ero uomo
e ora non lo sono più,
perché il mio essere non ha più vissuto
se non per se stesso e per questo momento.
Il mio bersaglio sei tu
bersaglio alle mie parole
la mia fine non conta se non per te
ma le parole vivono. Quando sono pronunciate
viaggiano nello spazio,
muoiono nelle orecchie di chi ascolta
e io morirò alla fine del tuo ascolto.

Perché le tue radici

(Giovane)

Tu che hai radici
tu che parli acqua pura
tu che ascolti cielo.
Hai cercato cose senza passato.
Hai vissuto per non vivere.
Hai accettato per soffrire.
Quello che la polvere ha contenuto,
la tua anima, prima ancora di prima
si beava di vibrare
in tutt’uno con il Supremo.
Eppure ha scelto questa grande pena,
forse le tue mani sono bucate,
forse i tuoi piedi sono bucati,
tu mi ricordi un grande Maestro.

Libertà di reazione

(Vecchio)

Ho scelto di essere un albero, di essere sorgente,
le mie radici perché la mia terra mi nutre
di tutte le sue cose naturali e mi porta messaggi,
tonfi di corpi che cadono, l’uomo che uccide.
Colpi di pala nel terreno, l’uomo che lavora,
che profana tombe, che seppellisce l’uomo,
passi di un bimbo che cresce
musica di natura che vive,
non sai che suoni meravigliosi
hanno le radici di un albero che cresce
e che grida di gioia fa la terra che penetrata lo nutre
e che grida di dolore quando un albero è abbattuto.
Questa musica si affievolisce sempre di più
mentre i rumori dell’uomo sempre più aumentano.
Quando la musica finirà, tempo dopo ci sarà
una nota che inizierà di nuovo il concerto, e
di nuovo la terra griderà di gioia fino al giorno
che un passo creerà un attimo di terrore e poi….
Ma ora come reagisce la terra all’uomo, se non
cercando di distruggerlo con le armi naturali,
ed è la natura, che si addormenta sino alla morte dell’uomo,
l’arma più tremenda, perché l’uomo che è natura
va contro la natura.
L’uomo reagisce a tutto ciò che è natura,
reagisce e non agisce.
Perché sei nato in questa valle?
E non in una valle dove la morte regna?
Dove la guerra crea orfani e vedove?
Perché sei nato santo e non diverso?
Perché sei salito su una pietra e i tuoi sogni
rimangono sogni?
Cosa hai fatto, hai agito, o si attende che tu reagisca?

Il giudice e i condannati

(Vecchio)

Due uomini colpevoli
hanno commesso qualcosa
non importa cosa,
“ho… non ricordo… ucciso? Rubato?”
Attendono in cella il giudizio
ma uno scivola e non ricorda,
il colpo è stato molto forte.
Perché è lì, che cosa aspetta?
Di fronte al giudice
tu, colpevole. Tu, colpevole
recluso sulla terra.
Chi è l’uomo che soffre?
chi ricorda sa di aver sbagliato,
non può soffrire per ciò che ha commesso.
È altro l’uomo, l’uomo.
Non sa perché ma soffre,
non sa cosa fa sulla polvere
di una cella grande
come un pianeta di una stella
ma da cui non può uscire,
l’evoluzione continuerà oltre
la morte illusoria
e apparente.

Umanità

(Voce esterna)

Un bimbo piange accanto alla mamma morta,
uomini passano, guardano e vanno oltre.
Un uomo mutilato per sempre, in ginocchio, muto,
uomini lo prendono a calci, silenzio, un colpo mortale.
Una mamma urlante con un bimbo a brandelli tra le braccia,
uomini che guardano e continuano a sparare.
Può l’uomo essere così con l’uomo? Può l’uomo
creare l’ucciso e il suo uccisore? Può una…
entità così piccola come l’uomo, avere nel petto
fango e non un cuore? Può una mente umana
creare nuove miserie invece di lenire le esistenti?
Non mi rifiuto più di credere a questo,
finalmente comprendo come il Supremo o l’uomo
nella sua infinita Coscienza possa punire o autopunirsi.

Fiducia nell’uomo

(Voce esterna)

La sorgente si secca
il vecchio ha finito
il giovane ha capito
e solo un albero contorto
rimane con le radici nella terra.
E corre l’acqua pura
e corre per dissetare chi lo ascolterà.
Ora può dare e l’uomo deve ascoltare,
le sue parole di un nuovo cielo.
Ha fiducia nell’uomo a valle
e spera che tanta acqua sia purificata
ma non sa che la sua voce sarà nel caos,
può una musica sentirsi nel rumore?
Può l’amore farsi ascoltare tra tanto odio…
ma corre verso la valle.

La triste verità

(Voce esterna)

La triste verità dell’Unico Essere
il canto solitario di menti isolate
la polvere del vento
che vuote ha le mani
e solo canta l’uomo
sperando che due mani
racchiudano col vento
le ceneri del pensiero.
Crolla in un attimo
la vita dell’essere.
Il misero valore
dell’unico pensiero
è come polvere caduta
dalle mani del vento
come cenere sparsa
nello spazio e nel tempo
nello spazio senza fine
dove l’Essere si perde.

Un cane ascolta per pietà

(Voce esterna)

Agli uomini il pensiero
ai cani l’abbaio
le parti invertite
le vite sbagliate
e un cane che ascolta
si trova sempre.
La voce gli piace: è calda, è dolce.
È la voce del padrone
che avrebbe sempre voluto avere
e si ferma ad ascoltare,
ascolta quell’uomo solo come lui,
lo fa per pietà,
forse quella mano alzata verso il cielo
può accarezzarlo, può dargli quel calore.
Che occhi ha quell’uomo. Sono occhi che vivono.
Al centro della piazza una musica di parole,
c’è chi va a lavorare e non si può fermare,
al centro della piazza
tante parole d’amore.
“Non ho niente da fare
ma a che serve ascoltare?”.
C’è qualcuno che nascosto ascolta,
non può avvicinarsi, cosa direbbe la gente?
non si ascolta un pazzo.
Le parole di libertà fanno paura
e solo un pazzo può proferirle,
quanti ascoltano? Non si sa,
dietro i muri, dietro le finestre.

Ritorno al ricordo

(Voce esterna)

È un ricordo ormai lontano
è un ricordo di speranza
ormai la forza non c’è più.
Forse è ora di tornare
nel posto dov’è l’origine,
nel posto dove nacque la sorgente d’acqua pura.
La sua gola ha creato molti suoni
che sono morti nei cuori degli uomini,
qualcuno avrà ascoltato ma dalla sua bocca
sempre meno parole.
I suoi piedi sono stanchi,
è giunta l’ora delle radici,
si affrettano gli ultimi passi,
la cima è vicina,
il vecchio letto è coperto dalla natura,
e un tronco consumato
segna il punto dove i suoi passi terminano.

La sorgente della vita

(Voce esterna)

È giunta l’ora dell’attesa
muove radici nella terra
la prima acqua scende a valle
trovando la vecchia via,
scivolando tra la natura,
a valle segrete speranze
di acqua pura nel grande mare del caos
ma la voce dell’uomo con le radici nella terra
arrivava alla valle ormai sporca
di rifiuti umani, di falsità umane,
e si riversava nel mare del caos.

Grandi occhi che guardano

(Voce esterna, Vecchio, Giovane)

Mani sollevate nelle stelle,
grandi occhi che guardano
il fiume del cielo nero
che scorre sempre uguale,
e crolla il capo di pietra
che non può sostenere l’aria.
Termina il canto dell’uomo
con le ginocchia nel fango,
ebbro del vino del sapere
che giunge alle sue mani
sollevate nelle stelle spente.
Mentre grandi occhi guardano
quello che non capiranno mai.
Prega chi non può arrivare
nemmeno a toccare il suo corpo
e sa che non rimarrà il segno
delle sue ginocchia nel fango.
Mentre le sue mani sollevate in aria
lasceranno un segno tra le stelle,
echeggia il suo urlo di rabbia
e le sue mani cadono nel fango
mentre grandi occhi guardano.
E le sue mani cadono nel fango
mentre grandi occhi guardano.

Preghiera

(Giovane)

Preghiera innalzata
da una figura uguale
e parte tonda
e arriva lineare,
il niente parla al tutto,
il tutto parla a se stesso,
così la preghiera vive
più del tempo che muore,
più dello spazio che mai termina
e un essere finisce
con la sua Unità totale
vibrando a Sé.

Come l’aria in un’anfora
così l’anima in un uomo
così dentro, così fuori
l’anfora si rompe, l’uomo muore
e un essere finisce
con la sua Unità totale
vibrando a Sé.

PAROLE PER FINIRE

La via

Se dico “Seguo la Via”. Chi segue? Io?
Quale Via? Dove porta? Non c’è seguire. Non c’è Via?
L’essere non va e non viene. Quindi non c’è Via.
Nella relatività dello spazio e nell’illusione del tempo
come può esistere il concetto di Via?
Come può esistere un concetto di io nel tempo?
Se poniamo zero uguale ad infinito
abbiamo il nulla che tutto contiene
ecco l’Essere senza Essere.
Nell’universo non c’è diversità in niente,
un’unica legge lo governa, l’assoluta relatività illusoria;
anche questa legge che è assoluta è relativa illusoria.
Si annulla oltre l’universo, ed è lì la verità.
Assoluto e relativo due parole, oltre c’è l’Uno.
L’Uno è la legge, l’Assoluto, il relativo, l’essere, Dio.
Posso parlare in eterno di ciò, ma non lo rappresenterei,
farei solo un’infinita costruzione di parole, ed oltre troverei
ancora l’Uno infinito. Un’unica direzione esiste per
l’essere, dentro.
Se dentro e fuori sono uguali, fuori è infinito e così dentro,
quindi cercate dentro ciò che è uguale a fuori.
Entra in una stanza e urla “io sono Realizzato!”. Ti
grideranno e inveiranno contro di te, rispondi loro:
“Chi di voi non è già Realizzato? Chi di voi non è infinito?”
Non sapranno risponderti.
E allora urla ed inveisci contro di loro.
Il silenzio e l’urlo sono sempre Realtà illusoria.
Ti domandano chiamandoti “maestro”.
Certo che un Realizzato è un Maestro.
Ma chi domanda non è forse un Essere senziente?
Domandano a chi non ha mente, con la loro mente.
Ma perché allora non chiedono a loro stessi,
cancellando la mente?
Hanno paura. Paura delle risposte del Realizzato.
Ombre di esistenze scritte sulla terra
da un sole che cerca l’orizzonte
quanti volti illuminati dal buio
di una luce che si pensa sia vita.
Chi ricorda più quella nuvola scomparsa
tra i numeri infiniti di un infinito tempo?
Chi ricorderà più una delle tante vite,
scritte nel dolore, scritta nell’amore.
E la polvere che porta corpi antichi,
che si impasta e forma il sorriso di un bimbo,
e il ricordo di quell’albero morto
dove sorge il tempio dell’ignoranza?
Conosco tante belle sensazioni, parole
formate dai miei pensieri, vuoti come vento
che cosa rimane di colui che
tanti anni fa, moriva perché credeva.
Finti esseri del potere, dell’avere, del dominio,
cosa rimane a voi della polvere delle menti, del corpo?
Cosa rimane del niente che pensavate tutto?
Cosa rimane del pensiero dell’esistere?
La vita è forse l’espressione dell’esistere?
Il corpo, il pensiero, l’essere, sono eterni?
Se si è consapevoli di ciò si è in errore.
Se si pensa che forse… è falso.
Se si è certi che non lo sono è falso.
Il nulla rimane la realtà, perché sì e no sono uguali.
Se “Sì sono eterno” e “No, non sono eterno”
non sono certezze, né consapevolezze, né realtà
affermabili, né verità, né sensazioni oggettive,
né nient’altro di esprimibile con pensieri,
sono ambedue nulle, quindi uguali.
L’Uno quindi è tutto ciò che non abbiamo detto.
Dalla mia finestra un essere
come un punto bianco in un caos grigio.
Perché non vedo il tutto come gli altri?
Capelli
le foglie d’autunno come barche che affondano.
Occhi
laghi profondi dove il cielo è.
Un corpo
montagne poggiate su un deserto di anime.
Che cosa ho in testa? Istinti che non capisco.
Una foglia diviene farfalla e muore nel fango.
Cosa mi trascina in quel mondo di corpi?
Amore, lo cerco in una stanza da letto,
sognando paradisi, dentro di me.
Lui cerca chi soffre, un bimbo soffre nell’innocenza?
Un vecchio è vicino al traguardo?
Un giovane che non è, soffre di non essere?
I suoi occhi riflettono le lagrime di quei volti.
Per una fiera il recinto delle bestie è una mensa.
Per lei gli uomini che odiano, vivono nei recinti della
materia ed è fiera.
Che esseri fuori dal mondo siano guida?
Aria fredda, ombre, un marciapiede è davanti a me.
La porta dei suoi occhi si apre ed entro in lui.
Non è di questa sola polvere.
Come si immola un’anima in un tempio,
dove non sia possibile amare un Dio.
Dove la negazione è il sacrificio.
Il suo corpo non è spinto ad amare un solo essere,
la sua vera entità deve amare tutti.
Il suo spirito lo vince e io perdo.
Il perdente è schiavo ma il padrone non ha vinto.
Non si vince una vita sulla terra,
i suoi simili lo hanno gettato nel baratro terrestre,
non può limitare il suo amore
io sono il suo limitare il suo amore
io sono il suo limite.
Lo schiavo spezza la frusta che il padrone non ha mai avuto.
Per amarlo devo essere lui
e lui tornare nelle stelle
a attendere a una fermata del tempo il mio arrivo,
… e io sono Lui…