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Studio Sulla Parola “Antinomia”

Antinomia

contraddizione, reale o apparente, fra due leggi o disposizioni di legge, fra due concetti, fra due tesi, fra un principio e un altro di una scienza; particolare tipo di paradosso in cui due affermazioni contraddittorie possono essere dimostrate con argomentazioni ugualmente valide(1).

lat. antĭnŏmĭa, dal gr. ἀντινομία [antinomia], comp. di ἀντὶ [anti] (“contro” e, inoltre, invece, in luogo di) e νόμος [nomos] “legge”, consuetudine, costume, usanza, pascolo, regione (da νέμω [nemo]: distribuire, dividere, amministrare, governare, pascolare)(2).

È da specificare che il termine greco ἀντὶ [anti] aveva il significato primitivo di essere di fronte, essere faccia a faccia. Nel tempo ha acquisito il senso di “contro” da locuzioni militari come “sei di fronte a me” ovvero “sei contro di me” (“sei il mio nemico”).
Nei composti ἀντὶ [anti] significa: in faccia, dirimpetto, contro, in opposizione, in cambio (o ricambio), vicendevolmente, a sua volta, di rimando, invece, in luogo di, al pari di, eguale, simile. Esso si origina dal sanscrito अन्ति [anti] (prima, in presenza di, vicino, in prossimità di) (3) e si trasforma nel latino antĕ (innanzi, prima, davanti, al di sopra di). È evidente che nel latino antĕ rimangono i valori semantici del sanscrito anti (e gli equivalenti greci) (4); nelle parole composte, derivanti dal greco, il prefisso latino anti- eredita quasi sempre il valore greco di opposizione(5).
Invece, per ciò che concerne “nomia”, essa deriva dal sanscrito नम् nam (inclinare, piegare, rendere omaggio, sottomettersi, governare se stessi, stare in silenzio, stare calmo, inchinarsi, chinarsi, curvarsi, mirare), da cui नम nama (pascolo).

Cfr. il sanscrito nam con: zendo, nam nemaiti; greco, νεμο [nemo], νεμος [nemos], (pascolo) [nomos]; latino, nĕmŭs(6); gotico, niman; antico germanico, nёman, nёmen, nehmen.
In hindi, lingua moderna derivata da sanscrito, nam significa “nome” (gr. ὄνομα, [onoma], lat. nomen).

Nel cercare l’origine sanscrita del termine “antinomia” si è evidenziato che le due componenti derivano da:

“anti” → अन्ति [anti]: prima, in presenza di, vicino, in prossimità di;

“nomia” → नम् [nam]: inclinare, piegare, rendere omaggio, sottomettersi, governare se stessi, stare in silenzio, stare calmo, inchinarsi, chinarsi, curvarsi, mirare;

da cui potremmo ottenere come corrispettivo sanscrito anti-nam, traducibile con “vicino a colui a cui si rende omaggio”, “prima dello stato di silenzio”.

Si può notare, pertanto, che i termini originari non hanno la valenza di opposizione ma indicano l’accordo, la prossimità a ciò/colui che è il “se stesso” da rispettare.
Questo valore semantico riflette la visione del diritto/legge nella cultura vedica, in cui è indispensabile il rispetto dell’ordine del cielo (ossia il dharma). In Grecia, invece, si fa strada il concetto di pascolo/legge (nomos) come governo di ciò che è legato alla terra(7).

In realtà per ritrovare un significato simile(8) a quello assunto dalla parola “antinomia” (di origine greca) bisogna risalire al sanscrito vipratikula (conflitto tra due leggi, incompatibilità tra due concezioni, divergenza di opinioni) derivante da vipratikṛ, ovvero opporsi, contrapporsi [per l’approfondimento della radice “vi”, si veda app. 4 – “squarcio”; per la radice “pra” (da “pṛ”) si veda app. 7 – “Porta”]. Inoltre, un sinonimo di vipratikula è vipratisheda (contrapposizione di due leggi).

In sanscrito, l’antinomia per eccellenza è il rapporto tra dharma (legge) e adharma che, comunque, non sono necessariamente in contrapposizione. Questo tema sarà trattato in una successiva appendice.

NOTE:

(1) La storia della filosofia considera l’antinomia di Epimenide (o paradosso del mentitore) come primo esempio di tale genere di ragionamento. Dalla affermazione di Epimenide di Creta (VI sec. a.C.) “tutti i cretesi sono bugiardi” si ideò, nei secoli, il “paradosso del mentitore”. Ad esempio, Eubulide di Mileto (IV sec. a.C.) rielaborò la frase di Epimenide nell’affermazione: “io sto mentendo”; Aristotele, in Confutazioni sofistiche (XXV), propose due quesiti contraddittori: 1 – è possibile giurare di rompere il giuramento che si sta prestando?, 2 – è possibile ordinare di disobbedire all’ordine che si sta impartendo?

(2) Storicamente ogni diritto è sempre stato legato ad una specifica terra, ad uno specifico luogo inteso non in senso puramente geografico bensì culturale, come luogo della propria tradizione ed identità. Cfr. C. Schmitt, Il nomos della terra nel diritto internazionale dello ‘Jus publicum europaeum’ (1950), ed it. a cura di F. Volpi, Milano, Adelphi, 1991.

(3) Cfr. il sanscrito antideva (essere alla presenza del divino, essere vicino al divino) e ἀντὶθεός [antitheos] (simile a Dio, vicino a Dio).

(4) Ad esempio: anticamera, anticipare, antidiluviano, antimeridiano.

(5) Ad esempio: antipodi, antibiotico, antisettico. Questa duplice e dicotomica derivazione può essere superata tramite la scomposizione fonetica sperimentale del termine “anti-nomia” in cui il prefisso latino antĕ è sostituito dal corrispettivo greco anti. Antinomia = antĕ + nomia = ant + e (i + a) + nomia = ant (innanzi) + i + a(non) + nomia (legge) = anti (innanzi) + anomia (non legge) = in prossimità di ciò che non è legge.

(6) Nĕmŭs: bosco, selva, foresta, bosco sacro, vigneto.

(7) Nell’etimologia del termine greco nomos è insita la relazione tra il concetto di legge e quello di luogo. Dal significato di pascolo (e della necessaria consuetudine di legittimarne la spartizione) nomos ha progressivamente assunto quello di legge. Platone attribuiva al nomos un’origine divina, per cui obbedire alle leggi della polis significava implicitamente riconoscere il dio (nomizein theos) che si nasconde dietro l’ethos originario (il luogo, la prossimità dell’uomo con il divino).

(8) Significato simile ma non uguale data la notevole differenza culturale.