Il palazzo del Tutto
Nel palazzo del Tutto, dove gli esseri che abitano sono niente, io vivo.
Giro per le sue stanze col fare di chi ha da fare, come tutti d’altronde. Si cammina veloci per i lunghi corridoi poi, in modo deciso, si bussa a una porta e senza attendere risposta – una risposta che non arriverebbe mai – si entra. E lì dentro niente. Una stanza piena di niente. Scrivanie, fogli, armadi, orologi senza numeri e con le lancette ferme, ma ogni volta che si entra in una stanza le lancette cambiano posizione.
Si entra, si chiude la porta con delicatezza, si posano i fogli che si hanno in mano e se ne prendono altri. Non ha importanza quali, tanto sono tutti bianchi, si esce di nuovo e con passo deciso ci si avvia per i corridoi. Le persone che si incontrano a volte si conoscono, allora il nostro corpo esprime un saluto. Le facce nuove non ci colpiscono e non si salutano mai, a meno che un giorno non ci si scontri per disattenzione, o non ci cadano i fogli di mano e qualcuno che passa ci aiuti a raccoglierli… allora quello, quando si incontra, lo si saluta. Ogni tanto si cambia piano, si va in quello di sopra e cambiano tutte le facce. Si incontrano esseri che si conoscevano e si continua a uscire ed entrare in quelle stanze vuote. Stranamente non ci si trova mai in due. Ho saputo che due si sono incontrati nella stessa stanza tempo fa, l’ho saputo perché li ho visti uscire insieme, ma fra poco non lo faranno più o molto di rado.
È strano, girando l’angolo di un corridoio non si sa chi sia entrato in quella o in quell’altra stanza, ed è molto difficile incontrarci qualcuno.
Io so tutto questo perché mi sono fermato in una stanza a pensare: “è tanto che sono qui eppure ancora non è entrato nessuno”.
Che messaggio può lasciare un essere a un’umanità che entra ed esce dalle stanze del palazzo del Tutto.