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Sul Paradiso Interiore

Valerija Stojakovik – Multiversi

La saggezza è una delle gambe, l’altra gamba è l’amore. Per procedere nel cammino il giusto bilanciarsi è il metodo opportuno. Questo incedere in armonia dei tre termini (saggezza, amore e metodo opportuno) potrebbe essere il Paradiso interiore.
Tratterò, prima che dell’amore e del metodo opportuno, del Paradiso, perché i primi due temi sono lunghi e complicati.
Il valore della parola “Paradiso” è come quello di tutte le parole: reinterpretate da altri, acquisiscono il senso che la mente che ascolta può dare loro. L’impossibilità che esistano due menti uguali (per vissuto, esperienze, memoria, retroterra culturale, ambientale, sociale e religioso, dunque evoluzione in genere) rende il significato delle parole talmente diverso da farle divenire inutili e illusorie. Ognuno dà il suo unico valore, che rimane separato da qualsiasi altra interpretazione. Le parole sembrano comunicarci il sapore delle cose, ma ognuno rimane con la sua mente. Approssimando, sembriamo comunicare di un Dio unico, ma poi… il valore della vita, ma poi… la migliore condizione della possibilità evolutiva dell’umanità, ma poi…
Detto ciò: il Paradiso, come raccontarlo con parole inutili? Come meritarlo interiormente? (Di quello esteriore non parliamo proprio, sarà un premio che l’Assoluto concederà a chi lo desidera).
Abbiamo un’interiorità afferrabile e non afferrabile; una mente conscia e una inconscia che lavora in uno stato commisto, a volte scrutabile un po’, a volte per niente (non scrutabile); abbiamo un intelletto cosciente e lucido, uno ancora più lucido, intuitivo, che agisce improvviso (la Luce che individua nel buio la scienza) (Fig.1).

Ora uso un’altra parola inutile, AMORE. Chi sa darne il valore? Ne uso
un’altra: metodo opportuno. Chi sa darne il valore?

Bene, procederà verso il Paradiso Interiore:

chi non ha paura della morte e tanto meno della vita;
chi individua la gioia del percorso interiore;
chi riesce ad andare oltre la mente che discrimina;
chi accetta i vari significati e intendimenti degli esseri;
chi intuisce la realtà sottostante alla parola saggezza;
chi intuisce il vero valore delle parole “benevolenza” e “compassione”;
chi opera con le parole benevolenza e compassione, e mai sul loro contrario;
chi considera la vacuità nel Suo Valore Assoluto;
chi considera ogni evento illusorio, che non produce io o Sé;
chi considera la vacuità forma e la forma vacuità;
chi non desidera, ma procede per arrivare alla conoscenza Assoluta;
chi, senza cercare meriti o ottenimenti, racconta sulla Via;
chi concepisce la nascita come Realtà della causalità;
chi concepisce gli eventi come la Realtà della Acasualità e della Acausalità (1);
chi intuisce che l’armonia interiore inconcepibile è concepibile;
chi, superando ogni dicotomia, va oltre il paradiso e il NON paradiso;
chi è perfettamente consapevole della Unicità delle leggi nell’Universo;
chi è determinato nel realizzare la loro conoscenza;
chi opera insieme ad altri su quanto detto;
chi comprende la legge di causa ed effetto e va nell’Oltre Unificante.

Se questo non è il Paradiso interiore è soltanto un insieme di parole inutili, pertanto non può essere il Paradiso interiore. Solo vivendolo si chiamerà Paradiso interiore.
La consapevolezza della Unicità delle leggi nell’Universo cambia il significato delle
parole, perché crescono nella mente i collegamenti. Tutto ciò diviene funzionale a
giungere alla Coscienza Assoluta, quindi, a comprendere la Manifestazione e
raggiungere il Paradiso interiore. Tale obiettivo non deve però essere mirato perché
è in tutte le direzioni. L’errore è credere di aver intrapreso la “Via della
Saggezza”; è creare un “giusto percorrere”, un “giusto essere”, un “giusto sé”, un
“giusto io”, una “giusta mente”, dunque, aggiungere illusione all’illusione.
Ecco, dette queste parole inutili hai aggiunto informazioni alla Creazione (SEI tu la
Creazione) e l’intero universo ne è informato; si è mosso un infinitesimale punto di
coscienza, ma Presente nella Talità (l’Assoluto Sa!). Allora, di certo, tutto è
cambiato! Quale mira?
Ecco il perché di un’altra parola inutile.

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