Studio sulla Parola “Porta”
Da Porta a Porta senza Porta
Porta
Vano aperto in un muro o altra struttura per crearvi un passaggio costituito da un elemento orizzontale (soglia) posto a livello del pavimento; dall’imbotte, costituito dallo spessore del muro, e dagli stipiti, elementi portanti verticali posti lateralmente, che possono essere sormontati da un’architrave, da un arco o da una piattabanda.
Etimologia
Dal latino pŏrta: qualunque apertura artificialmente munita di imposte per entrare in un luogo chiuso, apertura praticata per consentire un passaggio.
Per indicare tale concetto i Latini usavano inoltre (anche se non sempre rigorosamente) i termini:
- iànua(1) per indicare il portone di una casa privata;
- pŏrtaper indicare la porta di una città, la porta di una fortezza, la porta di un gran recinto;
- ostium per indicare l’uscio interno (dal gr. thýra(2)).
Secondo alcuni etimologisti latini, il termine pŏrta deriva:
A – da PORO e PORTO nel senso di passaggio, ed è verisimile che sia il participio passato di qualche antico verbo andato in disuso.
PORO è parallelo al gr. PERÀÔ = attraverso (πόρος [poros] = passaggio, via) che deriva, a sua volta, dalla radice sanscrita PAR-, che ha il senso di andare o condurre al di là (nel sanscrito par-an = oltre, al di là; pār-as = la sponda ulteriore). La radice PAR deriva da PṚ che ha infatti il significato di: movimento di purificazione, portare al di là, salvare, attraversare, superare, proteggere, eccellere.
B – da PORTO, PORTARE nel senso di sollevare. Questo perché, nel tracciare le mura della città con un aratro, esso veniva sollevato nel punto dove dovevano sorgere le porte(3).
Dalla stessa radice indoeuropea PAR deriva anche foris= al di fuori e, come sostantivo, porta. Da cui il lat. fŏru(m), originariamente recinto e porta del recinto, poi piazza pubblica, luogo d’assemblea, mercato e tribunale.
Forum corrisponde al sanscrito dvòrum (da tema indoeuropeo dhworo) derivante da dvāra. Infatti, in sanscrito, il termine porta è reso da dvār, dvāra, dur(4) derivati dalla radice DVI = due, divisione, distinzione, da cui il greco e il latino duo = due (nome numerale che consta di una unità più un’altra unità).
Da dvāra derivano il russo дверь [dver]; il gotico daur(5); il lituano durrys (ante della porta) e wartai (porta del cortile); l’iberico dor, doras; il greco θύρα [thyra]; l’inglese door(6).
La porta (costruzione che chiude un’apertura, divide/collega due “ambienti”) indica sia la separazione, sia il foro (pertugio/squarcio). La porta, quindi, dividendo due spazi rappresenta il collegamento tra due mondi, due dimensioni, tra il conosciuto e l’incognito. Oltre a indicare il passaggio, la porta contiene la possibilità di essere attraversata per giungere al di là.
Nel seguire a ritroso, fino alle antiche radici indoeuropee, il percorso etimologico del termine “porta”, si evidenzia con forza l’aspetto di “opportunità del passaggio” tramite il suo superamento indicata, come già detto, dalla radice sanscrita PAR (PṚ).
Dal termine Porta alla “Porta senza Porta”
“Porta senza porta”(7) è un’espressione che allo stesso tempo contiene e nega l’esistenza dell’oggetto, evidenziando lo “spazio vuoto” che delimita(8).
“Porta al Nulla
Porta alle montagne
Fine di un sogno”(9)
Il concetto di “porta senza porta” è espresso iIn sanscrito dal termine par-an (oltre, al di là).
Scomposizione di par-an:
par = al confine estremo, oltre
+
a, an = senza, a privativa
= oltre il confine estremo
= pre-nulla (vuoto quantomeccanico)
“Al di là della porta che non c’è”
Approfondimento delle radici sanscrite PARA, PĀRA, PṚ
PARA(10)
Deriva dalla radice PṚ e i suoi principali significati sono: Essere Supremo (Assoluto), Anima universale, Punto o grado più alto, una particolare misura del tempo, opposto, altro, lontano, estremo, prossimo, finale, differente, estraneo, distante, remoto (nel tempo), precedente (nello spazio), antico, futuro, eccedente, prossimo, superiore o inferiore, più alto, supremo.
PĀRA(11)
Deriva dalla radice PṚ e i suoi principali significati sono: che porta attraverso, riva o confine più lontano, lato opposto, fine o limite di qualcosa, raggiungere la fine, andare (passare) attraverso, mantenere (ad esempio una promessa) studiare o imparare conoscendo a fondo, riva opposta, ulteriore.
PṚ
I suoi principali significati sono: proteggere, salvare, superare, sorpassare, eccellere, portare a compimento, essere capace o abile a…, portare oltre, accompagnare.
Da PṚ derivano: il greco πόῥoς [poros] (guado, mezzo, provento); il latino per, il lituano per e lo slavo pere (attraverso, in mezzo a, sopra a).
(1) ^ Il termine è collegato alla dualità e al tema del ‘guardiano della porta’. Ad esempio, Giano (latino: Ianus) è una delle divinità più antiche e più importanti della religione romana, latina e italica. È il dio dei primordi, materiali e immateriali (gli era consacrato il primo mese dell’anno). Creatore bonario diviene dio delle transazioni e dei passaggi; segna l’evoluzione dal passato al futuro, da uno stato all’altro, da un universo all’altro. Era rappresentato con due volti, ‘Giano Bifronte’, perché guardiano delle due porte solstiziali: signore delle due vie che da esse si dipartono (quella degli dei e quella degli uomini).
(2) ^ Dal sanscrito tiras (attraverso) a sua volta derivato dalla radice TṜ (t = passare attraverso, attraversare; ṝ = raggiungere uno scopo, superare).
(3) ^ Cfr. i termini sanscriti śuna: benessere; prosperità; successo; crescita; vomere (la parte dell’aratro che affonda nel terreno) e śūnya = irreale; vano; libero da; distratto; assente; deserto; vuoto.
(4) ^ Cfr. il termine russo дух [duh] anima, spirito.
(5) ^ Il tema daura deriva dalla diminuzione di Ā e mutando la V in U e aggiungendo la vocale A come prefisso, secondo la regola generale.
(6) ^ Cfr. gate, boundary e ‘gateless gate’.
(7) ^ Mumon. La porta senza porta. Ed it. Adelphi. Milano,1987.
(8) ^ Cfr. Wu cinese e Mu giapponese.
(9) ^ Danilo Speranza. Il Settimo Saggio. Roma, 2002, pag 118.
(10) ^ Cfr. Paramāṇu = particella infinitesimale, atomo; Parā = nome di un suono al primo dei suoi quattro stadi, paese straniero, la più remota distanza, beatitudine finale, il numero 10.000.000.000 (l’intera età di Brahmā).
(11) ^ Cfr. Pāragata = colui che ha raggiunto l’altra riva, puro, sacro, Arhat; Pāramita = andato all’altra riva, attraversato, trascendente (come conoscenza spirituale); Pāramitā = l’andare o il raggiungere l’altra riva, completo raggiungimento, perfezione in…, virtù trascendenti.