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I Buchi Neri

Marialaura Neri – Interazione (Courtesy Arte Quantica)

Quanto viene esposto è quanto si riassume da informazione classica. Non ancora rivisitato secondo le Ipotesi del Bordo Nulla.

Generalità

Il buco nero è una regione dello spazio da cui non può sfuggire nulla, a causa della gravità fortissima che vi domina. (S. Hawking ).
Qualsiasi cosa giunga nelle sue vicinanze viene attratta e irrimediabilmente catturata. Nulla, dall’interno del suo confine, può più allontanarsene, nemmeno la luce; di conseguenza da lì non può pervenirci nessun segnale: il buco nero è, per sua stessa natura, un vuoto invisibile nel tessuto spaziotemporale.
Il buco nero si forma per il collasso gravitazionale di una stella massiccia i cui involucri esterni esplodono dando luogo ad una supernova, mentre il suo nucleo si contrae fino a diventare un buco nero.
Una stella è sottoposta a due forze contrastanti: la prima è la pressione, che si genera al suo interno come conseguenza delle reazioni nucleari del nucleo e tende a dilatare la stella; la seconda è la forza gravitazionale, dipendente dalla sua massa, che invece tende a contrarla.
La stella esiste finché queste due forze sono in equilibrio. Quando cessano le reazioni nucleari all’interno del nucleo, la forza gravitazionale prende il sopravvento, l’astro allora si contrae dando luogo a una stella degenere (nana bianca o stella di neutroni tipo pulsar) oppure, se è sufficientemente massiccia, ad un buco nero.
Perché si formi il buco nero la massa di una stella deve essere superiore ad almeno tre masse solari.

L’orizzonte degli eventi

Studi sui buchi neri portati avanti da Oppenheimer negli anni trenta e basati sulla relatività generale, forniscono il seguente quadro: il campo gravitazionale di una stella che si stia trasformando in buco nero diviene talmente potente da modificare la traiettoria dei raggi di luce emessi dalla stella stessa, fino ad incurvarli sempre più verso l’interno.
Quando la stella si sarà contratta fino ad un certo raggio critico, il campo gravitazionale diventerà tanto intenso da impedire alla luce di fuggire verso lo spazio esterno.
Il confine della regione oltre la quale la luce è irrimediabilmente attratta dalla forza di gravità è noto come “orizzonte degli eventi”, e coincide con le traiettorie dei raggi di luminosi che sono quasi sul punto di riuscire a sfuggire dal buco nero senza però riuscirci (1).
L’“orizzonte degli eventi”è un luogo in cui sussistono condizioni eccezionali: le leggi fisiche non valgono, il tempo si “congela” e l’attimo si dilata in eternità (2).

Come identifichiamo i buchi neri

Il buco nero può essere identificato quando fa parte di un sistema binario di stelle. In questo caso esso “strappa” il gas più esterno della compagna disponendolo in un disco che ruota attorno al proprio asse, che pian piano cade dentro al buco nero. Durante la caduta, la materia raggiunge altissime temperature ed emette raggi X: è proprio attraverso questa radiazione che un buco nero può essere rivelato.
Un buco nero viene identificato anche attraverso l’effetto di “lente gravitazionale”: in condizioni normali, la radiazione percorre una traiettoria rettilinea; quella che passa abbastanza vicino ad un buco nero, invece, viene incurvata a causa del suo intenso campo gravitazionale.
Un secondo possibile effetto delle lenti gravitazionali è di deformare l’oggetto originale, giungendo a volte a generare immagini multiple. Dunque, un buco nero che si trovi tra noi ed un oggetto, può produrre, come in un gioco di specchi che si riflettono, due o più immagini dell’oggetto stesso.

Da tempo gli astronomi sospettano la presenza di un enorme buco nero all’interno della Via Lattea che, con la sua attrazione gravitazionale, manterrebbe raggruppate le stelle, formando appunto la galassia.
Tale sospetto ha portato all’attenzione degli studiosi una sorgente molto concentrata di onde radio, che si è scoperto emettere anche raggi X, nascosta dietro le nubi di polvere della costellazione del Sagittario.
In quella regione è stata trovata una stella orbitante attorno a una concentrazione di massa oscura, stimata a circa 3,7 milioni di volte la massa del nostro Sole. Le leggi della fisica non consentono altra spiegazione se non quella della effettiva presenza di un enorme buco nero.
Si è ipotizzato che ogni galassia abbia una massa centrale di questo genere, creata agli albori della storia dell’universo.

La singolarità

Alcune ricerche compiute in passato da R. Penrose e S. Hawking dimostrarono che, secondo la relatività generale, al centro di un buco nero dev’esserci una “singolarità”; ossia un punto con dimensioni zero e densità, energia e curvatura dello spazio-tempo infinite (teorema di Roger Penrose, 1965). In questa singolarità le leggi della fisica e del tempo vengono meno (3).
Tutta la massa del buco nero è concentrata nella singolarità: il resto è vuoto.
Lo stesso orizzonte degli eventi è in realtà una superficie ideale, identificabile attraverso l’interazione del buco nero con la materia nei dintorni.
Alcuni scienziati concludono sostenendo che i buchi neri sono un po’ come il “Big Bang” all’inizio del tempo, solo che in questo caso sarebbe la fine del tempo per il corpo che subisse il collasso… Ma anche l’inizio di un altro… (4)

Proprietà del buco nero

Si ritiene che ogni buco nero abbia solamente tre caratteristiche fondamentali: la massa, la carica elettrica e il momento di rotazione (spin). Lo spin di un buco nero è dovuto alla conservazione del momento angolare della stella da cui il compatto corpo celeste ha avuto origine.
Due buchi neri che abbiano la stessa massa, lo stesso spin e la stessa carica elettrica sono identici. Brian Greene fa notare come queste tre proprietà siano esattamente le stesse che permettono di distinguere una dall’altra le particelle elementari e come tale parallelismo abbia condotto, nel corso degli ultimi decenni, diversi fisici a ipotizzare che i buchi neri potessero essere gigantesche particelle elementari.
In linea teorica, infatti, se comprimessimo un qualsiasi pezzo di materia, di qualsiasi massa, fino a ridurlo a dimensioni sufficientemente piccole otterremmo un buco nero. Dal momento che non esiste una massa minima per un buco nero è stato possibile proporre il seguente esperimento mentale: “prendiamo corpi di massa via via minore, comprimiamoli fino a farli divenire buchi neri via via più piccoli e confrontiamo le proprietà di questi buchi neri con le proprietà delle particelle elementari (…) possiamo concludere che, partendo da masse sufficientemente leggere, otterremo buchi neri molto somiglianti alle particelle elementari. Sia queste che quelli, infatti, appaiono come caratterizzati da massa, cariche di gauge e spin” (5)
Tuttavia, nel tentativo di creare questi mini buchi neri, non potrebbero essere trascurati gli effetti quantistici, di conseguenza la difficoltà nel conciliare relatività generale e meccanica quantistica ha paralizzato ogni progresso in questa interessante direzione (6).

La radiazione di Hawking

Nel 1974, Stephen Hawking scoprì che i buchi neri “non erano completamente neri”, essi avevano una temperatura ed emettevano radiazioni (7).
Come è possibile se sappiamo che nulla può evadere dall’orizzonte degli eventi? La risposta viene dalla meccanica quantistica: le particelle emesse non proverrebbero dall’interno del buco nero, ma dal vuoto quantico al bordo dell’orizzonte degli eventi.
Il vuoto quantico può essere immaginato come un mare composto dalle particelle elementari e dalle loro antiparticelle. Coppie virtuali di particella-antiparticella (elettrone-positrone, quark-antiquark, ecc..) si materializzano dal vuoto quantico e subito si annichilano tra loro.

Sulla superficie dell’orizzonte degli eventi di un buco nero, tra le tante coppie virtuali create e riassorbite dal vuoto quantico, potrà accadere che, in qualche caso, una delle particelle della coppia prima di annichilirsi con la sua compagna, sia attratta dalla forza gravitazionale dentro il buco nero, “lasciando libera l’altra di sfuggire verso l’infinito” (8). Le due particelle sono ora reali, una è irrimediabilmente catturata, l’altra ci apparirà “emessa” dal buco nero. Questo processo quantistico produce quindi una radiazione che viene emessa sulla linea dell’orizzonte degli eventi.
Secondo Hawking la radiazione sottrae energia al buco nero che perde massa. Ciò significa che la temperatura aumenta e la radiazione è sempre più intensa, finché il buco non arriva ad avere massa nulla e svanisce (9). Questa rimane, ad oggi, una teoria ancora da verificare.
Concludendo, una importante proprietà che si ipotizza caratterizzi i buchi neri è la capacità di “immagazzinare” informazioni. Dal momento che un buco nero ha una temperatura possiederà anche una entropia, definita come la misura del numero possibile di stati o configurazioni interne che il buco nero può avere: “La formula dell’entropia di un buco nero lascia pensare che le informazioni relative a quanto vi cade siano immagazzinate come su un disco e ‘suonate’ mano a mano che esso evapora” (10).
Nel 1974 Stephen Hawking stabilì che la misura dell’entropia di un buco nero era pari all’area dell’orizzonte degli eventi: “Vi è un bit di informazione sullo stato interno di un buco nero per ogni unità fondamentale di area dell’orizzonte”. Secondo l’illustre studioso “Ciò dimostra che esiste una stretta correlazione tra la gravità quantistica e la termodinamica” e, dal momento che l’entropia non è che la misura delle informazioni totali contenute in un sistema, “lascia pensare che la gravità quantistica possa contemplare il principio olografico, secondo cui le informazioni riguardanti gli stati quantici in una regione dello spazio-tempo potrebbero, in qualche modo, essere codificati sul confine della regione, che ha due dimensioni in meno (…)” viene da pensare che le informazioni associate a tutti i fenomeni del mondo tridimensionale siano immagazzinate, come ologrammi (11), su confini bidimensionali (12) e che noi stessi potremmo trovarci su una superficie tridimensionale che rappresenta il confine di una regione pentadimensionale.
Il fenomeno è simile a quello della olografia.

NOTE:

(1) L’estensione di questa regione dipende dalla massa del buco nero: se la stella originaria ha una massa pari a 5, 10, 100 volte quella del sole, il diametro dell’orizzonte degli eventi sarebbe rispettivamente di 30, 60, 600 km. Non c’è limite superiore all’estensione di un buco nero.

(2) Nel suo “Dal Big Bang ai buchi neri” Steven Hawking descrive cosa accadrebbe nell’avvicinarsi all’orizzonte degli eventi: “Supponiamo che un intrepido astronauta, trovandosi sulla superficie di una stella che sta subendo un collasso gravitazionale, invii ogni secondo un segnale ad una nave spaziale orbitante intorno alla stella stessa, misurando il tempo con il suo orologio.
Ad una certa ora, diciamo alle 11.00, la stella si contrae al di sotto del raggio critico in corrispondenza del quale il campo gravitazionale diventa così intenso che nulla può sfuggirne, e i suoi segnali non riescono più a lasciare la stella e raggiungere l’astronave. All’approssimarsi delle 11.00 gli intervalli di tempo tra i singoli segnali diverrebbero sempre più lunghi, tuttavia questo effetto sarebbe molto piccolo prima delle 10.59.59.
I suoi compagni sull’astronave dovrebbero aspettare poco più di un secondo fra il segnale delle 10.59.58 e quello delle 10.59.59 ma dovrebbero attendere in eterno per ricevere quello delle 11.00. Le onde luminose emesse dalla superficie della stella fra le 10.59.59 e le 11.00, secondo l’orologio dell’astronauta, si disperderebbero su un periodo di tempo infinito”.

(3) Le singolarità prodotte da un collasso gravitazionale possono verificarsi solo in luoghi come i buchi neri, dove è impossibile vederle in quanto “pudicamente” nascoste dall’orizzonte degli eventi o nel remoto passato del big bang (“ipotesi della censura cosmica”). Si ipotizza che in presenza di una “singolarità nuda” (ossia non coperta dall’orizzonte degli eventi) sarebbe possibile compiere viaggi nel passato.

(4) Esistono congetture secondo cui il fenomeno del Big Bang sarebbe l’effetto causato da un particolare oggetto definito “buco bianco” situato all’estremo opposto all’orizzonte degli eventi di un enorme buco nero. I buchi bianchi (che emettono materia ma in cui niente può entrare) sono descritti da alcune equazioni della relatività generale, sono antitetici ai buchi neri e ad essi collegati tramite cunicoli spazio-temporali (Wormhole o Ponti di Einstein-Rosen). In particolare, entrando in un buco nero, si uscirebbe da un buco bianco in una diversa regione spaziotemporale.
Il fisico teorico Nikodem Poplawski dell’Indiana University sostiene che il nostro Universo è nato all’interno di un wormhole, il quale a sua volta farebbe parte di un buco nero supermassiccio all’interno di un universo di dimensioni superiori. L’idea di Poplawski prevede che tutti i buchi neri abbiano ponti di Einstein-Rosen, ognuno con un proprio Universo che si sarebbe formato contemporaneamente al buco nero. Poplawski è convinto che il suo modello potrebbe spiegare l’origine dell’inflazione cosmica.

(5) B. Greene. “L’universo elegante”. Einaudi, Torino 2003. Pag 198.

(6) Greene, Strominger e Morrison hanno ipotizzato che alcuni particolari buchi neri e le particelle elementari non siano altro che due diverse fasi del medesimo substrato di stringhe, all’interno di uno spazio a più dimensioni denominato di “Calabi-Yau”. Come l’acqua può presentarsi in forma liquida, solida o gassosa a seconda della temperatura in cui si trova, così la forma topologica delle dimensioni di Calabi-Yau determinerebbe se determinate configurazioni della teoria delle stringhe appariranno come buchi neri o particelle. (B. Greene. Cit. pag 310).

(7) I buchi neri emettono radiazioni e si comportano come corpi aventi una temperatura che dipende dalla massa: più piccolo è il buco nero, maggiore è la sua temperatura. Un buco nero la cui massa totale è tre volte quella del sole ha una temperatura di circa un milionesimo di grado sopra lo zero assoluto. La scoperta di Hawking era stata preceduta dalla brillante intuizione di Jacob Bekenstein, un dottorando di Princeton che, nel 1970, aveva già ipotizzato che i buchi neri possedessero una elevata entropia.

(8) S. Hawking. “L’universo in un guscio di noce”. Mondadori, Milano 2002. Pag. 122.

(9) Nel 1975 Stephen Hawking si domandò se potesse esistere un buco nero di massa molto piccola, tanto piccola da essere contenuto in dimensioni sub-nucleari. In questo caso oltre alle leggi della gravitazione entrerebbero in gioco anche quelle della meccanica quantistica.
Questo tipo di buchi neri non potrebbe formarsi dal collasso di una stella. Hawking ha però dimostrato che buchi neri di così piccola massa e dimensioni avrebbero potuto formarsi in condizioni particolari nella primissima fase della evoluzione dell’universo. Se realmente esistessero, sarebbe possibile identificare questi buchi neri primordiali perché, diversamente dai buchi neri originati dalle stelle morenti, questi emetterebbero una intensa radiazione.
Mentre i buchi neri originati dal collasso delle stelle sono la forma finale dell’evoluzione dell’astro e una volta formati dovrebbero esistere per sempre, questi buchi neri primordiali, emettendo la “radiazione di Hawking“ si esaurirebbero in una lenta evaporazione.

(10) S. Hawking. Cit. pg. 66.

(11) L’olografia codifica le informazioni di una regione dello spazio su una superficie con una dimensione in meno. Una proprietà notevole dell’immagine olografica consiste nel fatto che il minimo frammento contiene tutte le informazioni necessarie a ricostruire l’intera immagine.

(12) Ivi. Pag 67-68.

BIBLIOGRAFIA:

https://it.wikipedia.org/wiki/Buco_nero
“BUCHI NERI L’oscura energia del cosmo” Shantena Augusto Sabbadini, Gribaudo tempolibro
Stephen Hawking “Dal big bang ai buchi neri” Rizzoli 1988
John Gribbin “Q come quantum” Macroedizioni 2004
Margherita Hack ” Dove nascono le stelle” Sperling ed. 2004
www.altrogiornale.org/news.php?extend.130
www.phy6.org/stargaze/Iblkhole.htm –
ulisse.sissa.it/chiediAUlisse/domanda/…/Ucau040413d001/ –